del 11 novembre 2009
di Enrico Fierro e Marco Lillo
(Giornalisti)
“La società Eco 4 songh’io”. Così si esprimeva il sottosegretario all’economia Nicola Casentino mentre parlava con l’imprenditore camorrista Gaetano Vassallo. Il colletto bianco dei casalesi, definito il ministro dei rifiuti del clan Bidognetti, si è pentito e ha raccontato ai pm napoletani che così il politico definiva la società che raccoglie i rifiuti in Campania. Come fosse cosa sua. Vassallo è solo uno dei nove pentiti che tirano in ballo Nick “o mericano”. Siamo nel 2007, la Campania è sprofondata nei rifiuti, i cassonetti sono in fiamme mentre politici, imprenditori e camorristi vanno all’assalto del nuovo business. Ancora Vassallo: “Raffaele Bidognetti, (reggente del clan omonimo ndr), riferì che gli onorevoli Italo Bocchino, Nicola Csentino, Gennaro Coronella e Mario Landolfi facevano parte del nostro tessuto camorristico. Non era la prima volta che sentivo parlare di queste personalità come politici che potevano favorire gli interessi del clan e che per questo stavano a nostra disposizione”. Tutti insieme appassionatamente, Casentino e il suo rivale, Bocchino, che però non è mai stato indagato. Nelle 370 pagine della richiesta di autorizzazione all’arresto presentata ieri dai giudici napoletani alla Giunta delle autorizzazioni della Camera dei Deputati, che ora si dovrà esprimere, è ricostruita tutta la carriera dell’uomo che Berlusconi voleva mettere alla guida della Campania. Una carriera nel segno di Gomorra, dagli inizi. Alla prima elezione, negli anni ottanta, ha raccontato Domenico Bidognetti, un boss di prima grandezza del clan, l’enfant prodige della politica casa-lese è già portato dal clan Bidognetti: “Il padre di Cosentino ci chiese di aiutarlo e in cambio donò cinquanta litri di benzina a testa”. Ma Casentino era appoggiato anche dall’altro clan casalese, gli Schiavone, diretti da Francesco, alias Sandokan. Alle provinciali del 1990, secondo il cugino pentito Carmine Schiamone, il clan sostiene Cosentino. Stessa musica alle regionali del 1995. Stavolta lo raccontano ben tre pentiti: Dario De Simone, Raffaele Ferrara e Domenico Frascogna. Arriviamo alle elezioni politiche del 2001, e i camorristi si mobilitano. Perché, come racconta, Gaetano Vassallo, “se cresce lui, cresciamo anche noi”. E va proprio così. Casentino da consigliere comunale di provincia diventa sottosegretario con deleghe prestigiose, addirittura alle frequenze tv e al Cipe, il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica. Ma cresce nel frattempo anche la camorra che lo appoggia e le sue imprese. A partire dalla famosa Eco 4, la società per azioni che gestisce la raccolta dei rifiuti e che per Vassallo, il sottosegretario considera – come detto sopra – cosa sua. Il presidente del Consorzio Ce4, Giuseppe Valente, posto su quella poltrona con accordo bipartisan e con la benedizione di Cosentino, interrogato dai magistrati racconta una realtà drammatica: “Casentino voleva che tutto quello che si faceva doveva passare attraverso di lui. Non era pensabile che la Fibe (Impregilo) potesse realizzare un termovalorizzatore a Santa Maria La Fossa”. Era il periodo in cui tutti parlavano degli inceneritori come via di uscita dall’emergenza rifiuti, il sottosegretario era contrario. Ma poi, spiega Vassallo, quando Sandokan decise per il via libera a Santa Maria, si adeguò immediatamente. Il controllo di Eco 4 era talmente ferreo che il suo amministratore, Sergio Orsi, intercettato al telefono mentre rispondeva alle lamentele di Casentino per i ritardi nell’assunzione di un suo raccomandato, diceva all’assessore Franco Mercurio: “Nicola Cosentino è il mio padrone!”. A parte la costruzione della carriera politica sull’appoggio dei casalesi, quello che fa impressione nella ricostruzione dei magistrati è la descrizione di un sistema. Il politico, Nicola Casentino, comanda sugli imprenditori camorristi che fanno la raccolta dei rifiuti, Sergio Orsi e Gaetano Vassallo e entrambi rendono conto all’autorità primaria: i boss, prima nella persona di Francesco Bidognetti, alias Cicciotto e mezzanotte, e poi, quando questo cade in disgrazia, direttamente il capo supremo: Sandokan. La società Eco 4 e tutto il sistema dei consorzi Ce 1, Ce 2, Ce 3 e Ce4, sono solo le ruote ma alla guida c’è la politica camorrista. La società Eco 4 per il gip di Napoli Raffale Piccirillo, è quindi semplicemente “un’impresa mafiosa”. E Casentino le ha delegato, la raccolta dei rifiuti e la gestione degli appalti. Se è chiaro quale sia il guadagno della camorra, cosa ne ricava il politico? Sono tre le contropartite individuate dai magistrati. Innanzitutto le assunzioni per i propri amici, dai posti dirigenziali all’ultimo netturbino. Poi, il voto a tutte le tornate elettorali. Infine, e questa è la pista ancora da esplorare, i soldi. Secondo il pentito Vassallo, il politico sarebbe stato socio occulto di un’azienda della galassia Eco4. Sul sistema di raccolta dei voti è impressionante il racconto di Michele Orsi, ucciso un anno dopo queste dichiarazioni: “io e mio fratello Sergio ci sentivamo persone importantissime, prima dell’arresto, io mi sentivo talvolta un Dio, controllavo fino a 250 dipendenti e i loro familiari, voti”.
“L’Eco4”, racconta sempre Orsi, “si rivelò una società che “faceva comodo a tutti”. Circa il 70 per cento delle assunzioni erano inutili ed erano motivate per lo più da ragioni politico-elettorali, richieste dal presidente Giuseppe da Nicola Casentino e dall’onorevole Mario Landolfi”. Ovviamente i politici locali comuni volevano la loro parte: “Vi erano poi alcune assunzioni che furono motivate dalla necessità di assecondare gli interessi delle amministrazioni comunali, utili per ottenere gli affidamenti degli appalti”. Così Orsi descrive il sistema Casentino: “ricordo ad esempio le assunzioni di Picone Nicola, vicesindaco di Trentola, e quella di Oliviero, consigliere di Villa Literno, entrambe richieste dall’Onorevole Casentino”. E la Chiesa? Ce n’è per tutti. “Sempre Closentino”, prosegue Orsi, “ci richiese l’assunzione di due nipoti del Cardinale Crescenzio Sepe, da noi regolarmente attuate. Faccio presente che molte delle assunzioni, quali asd esempio quelle di Picone e Oliviero, erano non solo inutili ma sostanzialmente fittizie, dato che questi praticamente non svolgevano alcuna attività continuativa”. La gratitudine per Casentino non si esprimeva con un pacco a Natale ma con una scheda alle elezioni. Racconta sempre il solito Orsi (prima di essere ucciso) “Posso dire che, attraverso il controllo di una sola società, la GMC, disponevamo di un pacchetto voti pari alle 60 unità impiegate, in aggiunta ai loro familiari; ma il nostro sostegno principale era la nostra partecipazione attiva durante i comizi, le cene elettorali e gli incontri; faccio presente che in quel momento e prima del mio primo arresto io e mio fratello Sergio eravamo persone “importantissime”, io mi sentivo talvolta “un Dio” .Il bacino di voti controllati attraverso la Eco4 era persino superiore a quello della GMC, potendo contare su circa 250 dipendenti e loro familiari”. Per non parlare dei consiglieri di amministrazione nominati nei consorzi, come il CE4, controllati dalla politica, essendo questi ultimi società miste pubblico-privato. Ancora Orsi: “I politici si spartirono il consiglio di amministrazione: ricordo che LANDOLFI scelse quale componente del CDA dell’Eco4 D’ALONSO e COSENTINO individuò il suo uomo nel sindaco di San Nicola la Strada”.Nulla di male se almeno i nominati avessero usato le loro poltrone non solo per percepire lauti guadagni e fare assunzioni.Continua Orsi: “L’andamento gestionale della società rimase sostanzialmente nelle mie mani e in quelle di Sergio e di fatto l’Eco4 faceva capo a noi ed era da noi controllata”. Ovviamente la Eco 4 e il Ce4 stavano stretti al gruppo casalese. “Il progetto di Sergio Orsi, ribadito anche in quella occasione, era volto ad “appropriarsi” di tutti i consorzi dell’area casertana aggiungendo al Consorzio CE4 che già sostanzialmente dipendeva da lui, i consorzi CE1, CE2, CE3. Cosentino, all’epoca coordinatore provinciale di Forza Italia, controllava tutti i consorzi e Sergio si rivolse a lui per perorare il suo interesse a espandersi”.
Casentino aveva tutto l’interesse ad appoggiare la loro ascesa. Secondo Vassallo, infatti, il suo ritorno non sarebbe stato solo di tipo politico: “Faccio presente che COSENTINO Nicola, per quel che mi disse Sergio ORSI per dimostrarmi la solidità del suo legame con il politico, aveva una quota azionaria all’interno della srl Enterprais, società acquirente di quote della Flora Ambiente. Le quote erano intestate al prestanome Luigi Caterino”. I carabinieri hanno verificato alla Camera di commercio. “ENTERPRAIS Srl, ha tra i suoi proprietari, oltre alla FLORAMBIENTE Srl – che detiene il 50%, mentre il 47% è detenuta da tale Caterino Luigi, nato a San Cipriano D’Aversa”.
I pentiti che lo accusano però non si occupano soltanto degli affari dei rifiuti. A sentir loro il rapporto di Casentino con i casalesi sarebbe ben più stretto. Serrato anche da legami familiari.
Cosentino infatti, come era già noto, è cognato di un boss, Giuseppe Russo, detto “O padrino”, arrestato in Germania nel 2003. Finora però, ogni volta che qualcuno rinfacciava la parentela, il sottosegretario rispondeva per le rime sostenendo che era poco più di una causalità. Leggendo le carte dell’inchiesta si scopre che non la pensa così Michele Froncillo, esponente del clan Belforte: “quando fu arrestato Peppe o pdrino, gli è subentratio il fratello Massimo, attraverso il cognato: l’onorevole di Forza Italia, Nicola Cosentino”.
Ancora più pesante e circo-stanziata l’accusa del pentito Dario De Simone, rilasciata nel 1996,finora solo in parte nota: “L’onorevole Cosentino, consigliere regionale in carica presso la Regione Campania e anche assessore, ha sposato Marisa Esposito, nipote di Gaetano De Cristofaro, il cugino della moglie di mio fratello Aldo. Ho trascorso una parte della latitanza a casa di Gaetano De Cristofaro, in Trentola Ducenta e molto spesso mi sono incontrato in quell’abitazione con l’avvocato Cosentino Nicola anche durante il suddetto periodo” Quindi Cosentino incontrava un latitante. Non solo, gli chiedeva anche il voto: “In occasione delle elezioni regionali del 1995 COSENTINO Nicola mi chiese espressamente di aiutarlo nell’imminente campagna elettorale … Il Cosentino mi riferì tra l’altro che la vittoria della coalizione di Forza Italia avrebbe sicuramente comportato un alleggerimento della pressione nei nostri confronti e in particolare si riferiva alle disposizioni di legge sui collaboranti di giustizia”
Anche i componenti del clan Bidognetti che si sono pentiti hanno lanciato accuse pesanti al sottosegretario in verbali più recenti. La moglie del boss del clan, Francesco Bidognetti, Anna Carrino, ha raccontato che gli uomini del clan chiesero a Cosentino di intervenire per far entrare nell’esercito il figlio di un camorrista, Pasquale Stolder.
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