del 24 dicembre 2009
di Antonio Massari
(Giornalista)
Sul segreto di stato, invocato da Marco Mancini, la risposta potrebbe arrivare già domani. Secondo i calcoli della procura di Milano, infatti, i termini per la decisione, affidata alla Presidenza del Consiglio, scadono il 25 dicembre. Il nodo sul “Segreto di Stato” per Mancini, ex capo del controspionaggio targato Sismi, è l’ennesimo tassello del processo sullo “spionaggio” targato Telecom.
Parliamo della Telecom
dove, intorno al 2006, convergevano gli interessi di tre “vecchi amici”: Luciano Tavaroli (ex capo della struttura di security), Marco Mancini ed Emanuele Cipriani, titolare dell’agenzia di sicurezza Polis d’Istinto, che confezionò circa 7 mila dossier illegali su magistrati, politici e giornalisti. L’inchiesta della Procura di Milano, condotta dai pm Fabio Napoleone, Stefano Civardi e Nicola Piacente , ebbe inizio con ulteriori sospetti: che alcune fughe di notizie sulle indagini, avvenute intorno al 2006, in realtà, fossero partite proprio dalla Telecom. Un sospetto, mai dimostrato, che oggi si ripresenta, come vedremo dopo, per un’altra compagnia telefonica, o meglio per un omologo di Tavaroli, il direttore della security Wind Salvatore Cirafici. Ma andiamo con ordine e torniamo ai tre vecchi amici del caso Telecom.
Indagato con l’accusa di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di notizie non divulgabili, Mancini chiede di avvalersi del segreto di Stato per il seguente motivo: difendersi dall’accusa d’aver passato a Luciano Tavaroli, ex direttore della Security Telecom, alcune notizie attinte dal Sismi, equivarrebbe a svelare alcuni assetti del servizio segreto militare. Mancini, peraltro, ha sempre sostenuto di aver espletato attività “previamente autorizzate”. E ora può nutrire buone speranze: come ha rilevato ieri Il Fatto Quotidiano, Berlusconi s’è già espresso, due settimane fa su un’altra vicenda di spionaggio. L’archivio riservato del Sismi, sequestrato nel 2006 dalla Procura di Milano nell’ufficio segreto di via Nazionale a Roma – quello gestito dal Pio Pompa, dove comparivano veline su magistrati, politici e giornalisti – era “autorizzato dal presidente del Consiglio dei ministri”. Quindi il segreto di rafici. Ex carabiniere, esattamente come Tavaroli. Anch’egli in ottimi rapporti con personaggi influenti dei nostri servizi segreti.
Cirafici è indagato dal pm di Crotone, Pierpaolo Bruni, con l’accusa di favoreggiamento, per aver rivelato a un altro indagato, un maggiore dei carabinieri, che il suo telefono era controllato dalla procura. L’avrebbe favorito per agevolare, poi, il suo passaggio ai servizi segreti civili. Infine: Cirafici avrebbe offerto, a personaggi istituzionali, delle schede difficilmente rintracciabili per le procure italiane. Schede in apparenza “disattive” ma, in realtà, perfettamente utilizzabili.
tizie riservate. Cipriani invece accusa: “Tronchetti Provera sapeva dei dossier”. E nell’intervista aggiunge: “Ho soltanto due strade da percorrere: o parlo o non parlo. Non sarò il solo a pagare il prezzo d’una storia scritta da altri”. Se non racconterà fatti inediti, però, sembra difficile che Cipriani possa trascinare Tronchetti Provera nel processo: di lui ha già parlato, con i pm di Milano, che però non l’hanno mai iscritto nel registro degli indagati. In ben quattro anni d'indagine. E se l'indagine su Telecom s’è chiusa – siamo all’udienza preliminare – un'altra se n'è aperta. Riguarda il capo della security Wind, Salvatore CiStato c’è. E Niccolò Pollari, può evitare di rispondere al magistrato. Stessa sorte potrebbe capitare a Mancini: la sua vicenda processuale cambierebbe radicalmente. Com’è già cambiata, per altri versi, quella di Tavaroli: ha patteggiato una pena di 4 anni e 6 mesi e – in base alla legge sull’indulto – non sconterà in carcere un solo giorno. A rischiare di più, adesso, è soprattutto Cipriani. Che ieri ha smosso le acque con un’intervista rilasciata a Repubblica.
Tavaroli ha chiarito che l’ex numero uno di Telecom – Pirelli, Tronchetti Provera, non sapeva con quali modalità – illegali – acquisisse no
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