del 27 dicembre 2009
di Marco Lillo
(Giornalista)
Minchiate a orologeria. Secondo lo stato maggiore del Pdl le parole di Gaspare Spatuzza su Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi non sono credibili perché arrivate fuori tempo massimo: “I magistrati hanno chiesto per Spatuzza il programma di protezione solo dopo che il pentito ha fatto i nomi di Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri”, ha detto il sottosegretario Alfredo Mantovano davanti a 5 milioni di spettatori ad Anno zero. Mentre per il capogruppo dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, Spatuzza non è credibile quando parla di una trattativa tra la mafia e il duo Berlusconi-Dell’Utri perché le sue accuse arrivano 11 anni dopo il suo arresto e ben 15 anni dopo i fatti.
I due esponenti del Pdl dovranno trovare altri argomenti per smontare le parole di Spatuzza. Il programma di protezione per Spatuzza, infatti, è stato chiesto dalla Procura di Firenze il 28 aprile 2009 e quella di Caltanissetta ha dato il suo ok solo una settimana dopo. Mentre il primo verbale nel quale il pentito accusa Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri arriva due mesi dopo: il 18 giugno. Il baratto scellerato ipotizzato da Mantovano quindi, per dirla alla siciliana, è una minchiata. Non solo, è una minchiata in mala fede. Il programma di protezione è stato approvato il 23 luglio, un mese dopo le dichiarazioni di Spatuzza su Berlusconi, perché la Commissione ministeriale ha perso tempo per dare il via libera. E, purtroppo per lui, a presiedere quella commissione è proprio il sottosegretario Mantovano. Anche la storia delle dichiarazioni a orologeria che arrivano all’improvviso dopo 11 anni si rivela una seconda “minchiata” in mala fede per chi conosce gli atti.
Quando l’attenzione delle televisioni sarà scemata, due pentiti meno famosi di Spatuzza saranno chiamati a confermare le sue parole. Sono Pietro Romeo e Giovanni Ciaramitaro e i verbali delle loro dichiarazioni rese negli anni passati smentiscono la favoletta dell’improvvisa illuminazione di Spatuzza. Purtroppo il direttore del tg1 Augusto Minzolini quel giorno sarà distratto e non dedicherà un editoriale alle loro parole, come ha fatto quando i boss non pentiti Filippo e Giuseppe Graviano hanno fatto semplicemente il loro mestiere smentendo Spatuzza. Eppure le loro parole sono molto più interessanti perché arrivate in tempi non sospetti. Proprio per questa ragione, il pm Antonino Gatto ha chiesto di ascoltarli nel processo di appello a Marcello Dell’Utri.
Giovanni Ciaramitaro è un semplice manovale della cosca di Brancaccio guidata dai fratelli Graviano. Nonostante il suo basso livello gerarchico, però la testimonianza di questo killer condannato per le stragi è ritenuta interessante perché risale al lontano 1996. Ciaramitaro ha raccontato che un mafioso di livello più alto, Francesco Giuliano, gli riferì le confidenze ricevute dai boss: “Berlusconi è amico nostro è quello che ci serve per aggiustare le leggi sulle carceri. Quando diventerà presidente del consiglio ci farà le leggi”.
Ciaramitaro spiega poi che, in quell’occasione con Giuliano parlarono anche della strategia della mafia nel 1993-94. Giuliano gli avrebbe spiegato “noi dobbiamo fare le stragi e poi Berlusconi proporrà di togliere il 41 bis (il regime carcerario di isolamento per i mafiosi ndr). Io gli chiesi: “Ma allora il politico che avevate in mano è Berlusconi?”. E lui mi rispose: ‘sì è Berlusconi’”. L’altro pentito che il procuratore generale Nino Gatto ha chiamato a deporre nel processo Dell’Utri è Pietro Romeo. Anche lui è un picciotto di basso livello che aveva il ruolo di artificiere e ladro di auto nel commando che si occupò delle stragi. Ma anche nel suo caso è la data a rendere interessante il suo verbale, depositato al processo Dell’Utri. Il 14 dicembre del 1995, quando Spatuzza non era stato ancora arrestato, Romeo ha raccontato ai magistrati di Firenze che il boss Giuseppe Graviano già nel 1993-1994 aveva raccontato il vero movente delle stragi ai suoi uomini più fidati, come Francesco Giuliano. Quelle parole poi erano state riportate ai livelli più bassi ed erano così giunte alle orecchie di Romeo.
Quando Romeo chiese a Giuliano “‘scusa ma perché dobbiamo fare tutti questi attentati al nord?”. Il mafioso che era più vicino di lui ai boss rispose “che prima di essere arrestato Giuseppe Graviano aveva raccontato a Giuliano e ad altri che bisognava fare gli attentati di Roma Firenze e Milano e che un politico a Milano gli diceva che così andava bene e che dovevano mettere altre bombe. Questo colloquio ci fu mentre eravamo io e Giuliano da soli in auto, dopo il fallito attentato a Contorno del 14 aprile 1994”. Dalla lettura di questo primo verbale è evidente la ritrosia del pentito a entrare nei dettagli su un tema così delicato. Però il 29 giugno del 1996 (un anno prima dell’arresto di Spatuzza e 12 anni prima del suo pentimento) Romeo cita l’uomo che allora era il numero due della cosca. Quando il pubblico ministero Alfonso Sabella gli chiede “lei nel precedente verbale il nome del politico non ce l’ha fatto. Ora ci vuole dire qualcosa di più?”. Romeo risponde: “Io quel nome l’ho sentito da Spatuzza. Un giorno eravamo io, Francesco Giuliano e Gaspare Spatuzza in un campo di mandarini a Ciaculli. Quel giorno Giuliano disse: ‘ma sarà Andreotti il politico che ha fatto mettere tutti questi esplosivi?’ E Spatuzza rispose: ‘no’. Così è nato questo discorso. Allora Giuliano fece il nome di Berlusconi e Spatuzza disse che quel politico era Berlusconi. Il colloquio avvenne intorno a ottobre del 1995”. Poi Romeo ricorda un altro particolare: “Spatuzza alle elezioni mi diede un bigliettino per un candidato di Forza Italia, ma non ricordo chi fosse”. Dopo il pentimento di Spatuzza e il suo primo verbale nel quale il pentito accusa Berlusconi (a giugno 2009) Romeo e Ciaramitaro sono stati risentiti. E hanno confermato le loro accuse. Romeo e Ciaramitaro in quei verbali lontani dicono più di Spatuzza. Mentre l’ex reggente del mandamento di Brancaccio (che dispone di informazioni di prima mano provenienti dal boss Graviano) non arriva mai a definire Dell’Utri e Berlusconi mandanti delle stragi, i due picciotti sostengono addirittura che “il politico di Milano” aveva deciso persino gli obiettivi da colpire nel 1993.
Le loro informazioni però erano di terza mano e questa imprecisione, secondo i pm, non è una smentita della loro credibilità. Ma una conferma.
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