giovedì 7 gennaio 2010

IdV, da Flores critiche astratte

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 7 gennaio 2010

di Nicola Tranfaglia
(Professore Universitario)


Il dibattito dei giorni scorsi su questo giornale sul futuro dell’Italia dei Valori e del centrosinistra merita attenzione perché il disagio diffuso negli ultimi mesi per il dominio incontrastato di Berlusconi e del suo regime populistico è sempre più esteso. Anche se fare le pulci all’unico partito che fa una seria opposizione a questo governo a me sembra inopportuno e sproporzionato. Il sistema delle comunicazioni televisive e giornalistiche – questo è innegabile – dà troppo spazio a chi governa e quasi nessuno a chi non è d’accordo e si oppone. La Carta costituzionale è sempre più sotto un attacco concentrico e le sortite di un ministro come Brunetta dicono, con qualche anticipo, quale è lo stato d’animo effettivo di un governo che si prepara a smantellare la Costituzione del 1948 nel campo della giustizia e della residua presenza parlamentare. Il presidenzialismo alla Berlusconi ha molto del modello peronista e troppo poco di quello francese o americano: e questo avviene appena quattro anni dopo un referendum (2006) che ha visto la maggioranza degli italiani difendere la Repubblica parlamentare e rifiutare modifiche radicali, come quelle volute dal Cavaliere e dai suoi seguaci. Intanto la trattativa tra Stato e mafie sembra ancora aperta e la bomba della ‘Ndrangheta a Reggio Calabria rivela l’aggressività di mafiosi abituati da troppo tempo a trattare politicamente con i poteri costituiti. In questa situazione, di cui una parte dell’opposizione parlamentare continua, a mio avviso, a sottovalutare la crescente gravità, è di fondamentale importanza che l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro possa crescere ancora, dopo il grande e imprevisto successo delle elezioni europee, e diventi a tutti gli effetti uno dei partiti principali dell’alternativa di governo a Berlusconi.

Le polemiche che Paolo Flores d’Arcais ha condotto negli ultimi mesi verso Di Pietro muovono dalla sua preoccupazione che il prossimo congresso dell’Italia dei Valori, previsto per il 5-6-7 febbraio 2010, non rappresenti l’innovazione radicale che lui vorrebbe, il rinnovamento profondo del partito e propone al leader molisano una sorta di vero e proprio scioglimento del partito nella società civile e nelle associazioni di base che hanno organizzato il 5 dicembre scorso la manifestazione nazionale delle bandiere viola. Capisco le preoccupazioni del direttore di MicroMega ma le trovo – lo dico con franchezza – pericolosamente astratte.

Ricordo che quando agli inizi del Ventunesimo secolo (o degli anni Zero, come ha scritto Sergio Romano) si diffusero ed ebbero un certo successo i girotondi di protesta contro Berlusconi, proprio Paolo Flores sostenne che bisognava sciogliersi nella società civile e non pensare a nessuna forma di organizzazione. Ma proprio quella linea condusse in pochi mesi alla fine dell’attenzione dei media per il fenomeno e all’eclissi dei girotondi che non avevano acquisito nel frattempo nessuna forma di organizzazione. Ora se l’Italia dei Valori si trasformasse in un generico partito per la Costituzione e mettesse da parte un programma nato a poco a poco in questi ultimi dieci anni e sperimentato nelle elezioni e nel lavoro parlamentare correrebbe, a mio avviso, un analogo rischio. Nella sua risposta a Paolo Flores, Di Pietro ha annunciato che in futuro il suo nome sarà dissociato da quello del partito e che attraverso il congresso i gruppi dirigenti del partito includeranno persone che provengono dalla società civile o che hanno già esperienza politica ma che hanno dimostrato la propria onestà e capacità di rappresentare la parte migliore di quella società. Ora a me questa posizione appare aperta allo spirito di rinnovamento sostenuto da Flores ma, nello stesso tempo, preoccupata della necessità di far crescere il partito attraverso l’esperienza concreta delle battaglie e delle elaborazioni ideali maturate negli ultimi anni. Del resto, anche la mia esperienza politica mi convince sulla saggezza della linea politica perseguita dal leader dell’Italia dei Valori e del gruppo dirigente del partito dove persone come Massimo Donadi e Felice Belisario, ma anche Stefano Pedica e molti altri come Pancho Pardi, perseguono con chiarezza il medesimo percorso che è nello stesso tempo aperto alla società civile ma consapevole della necessità di far crescere gradualmente il partito. Personalmente chi scrive ha sperimentato anche a sinistra metodi assai diversi. Faccio due esempi significativi di comportamenti diffusi tuttora nella classe politica . In passato mi son sentito apostrofare da uno dei massimi dirigenti della sinistra con la frase: “Hai un grave difetto. Non sei ricattabile”. E, di fronte al mio stupore per quell’affermazione, quel leader ha mostrato di apprezzare di più la ricattabilità che le mie competenze politiche e culturali. Il secondo esempio riguarda proprio la competenza culturale. Nella mia recente esperienza parlamentare non mi è stato concesso dal partito che mi aveva eletto di far parte della Commissione antimafia, nonostante le mie competenze specifiche in materia collaudate in molti decenni di studio e di libri dedicati proprio al fenomeno mafioso. Di fronte a simili comportamenti, la linea di Di Pietro e dell’Italia dei Valori rappresenta un indubbio cambiamento che valorizza le competenze ed accoglie il meglio che proviene dall’esterno. Ma questo significa, mi pare, un cammino concreto nelladirezione di quel che auspica anche il direttore di Micro-Mega. Sarebbe ora che Flores sostenesse lo sforzo che si sta facendo piuttosto che continuare a criticarlo.

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