del 12 gennaio 2010
di Pietro Orsatti
(Giornalista)
Giulio Cavalli si candida con Di Pietro per il Consiglio regionale a Milano, nonostante le polemiche del centrosinistra locale e i dubbi emersi nel partito.
«Non credo nella politica delle tessere». L’appoggio di de Magistris.
L’Italia è un Paese davvero strano. Dove scrittori e attori devono temere per la propria vita e lo Stato è costretto a garantire la loro tutela. Giulio Cavalli, attore lombardo, arlecchino che sbeffeggia il potere e non lo asseconda, ha deciso di concentrarsi sul malaffare, di attaccarlo, svelarlo, prenderlo in giro, dalla sua Lodi “a uno sputo da Milano”, dalla sua placida provincia ricca, borghese, sazia. Un lombardo che non ha alcuna simpatia per i rigurgiti leghisti e per gli affari, e che non ha avuto alcuna remora a raccontare le contraddizioni di un Nord in crisi di identità. Come quando si è accorto che le mafie le aveva sotto casa, a «cento passi dal Duomo». E ha iniziato parlare del fenomeno in scena, sul suo blog, in televisione, in incontri pubblici in mezza Italia. E, come ci si poteva aspettare, sono arrivati prima dei segnali, poi delle intimidazioni “soft” e alla fine vere e proprie minacce alla sua vita e alla sicurezza dei suoi familiari. Ha mollato? Neanche per sogno, ha «subìto» la scorta ed è andato avanti. Un bel rompiscatole, Giulio Cavalli arlecchino di Lodi. Si poteva astenere dalla politica un rompiscatole così? E infatti l’attore si trova a dover fare i conti, oggi, con una campagna elettorale. «Quasi preferivo essere messo allo spiedo da un critico», si lascia sfuggire. Candidato come consigliere alla Regione Lombardia. Lista Idv, a Milano e Varese, fortemente voluto dall’europarlamentare Luigi de Magistris e con un obiettivo ben preciso. «Voglio fare il cane da guardia sull’expo – spiega ridendo -, voglio vedere tutte le carte, stare con il fiato sul collo alla Moratti, a Formigoni e a Castelli e chiedere, chiedere, chiedere. Lo sanno pure i mu ri che sull’expo si è scatenata la corsa di ‘ndrangheta e camorra ad accaparrarsi appalti e sub appalti. L’affare del decennio, il malaffare di una generazione. È inutile che continuino a negare che a Milano la mafia non c’è». Inevitabilmente tornano alla memoria i memorabili scontri fra il leghista Castelli e Cavalli in televisione, con Castelli che lo chiamava “giovanotto” e Cavalli giù a fare domande su appalti, clan presenti, segnalazioni, citando relazioni della Dia e sentenze.
«Questa regione è un posto dove si mettono gli operai sui tetti e la mafia sotto il tappeto. Due braccia in più servono, non fosse altro per fare ordine». Cavalli è l’altra faccia della Lombardia proposta dalla Lega nord: è quella democratica, legalista ma solidale, della cultura, del dialogo. Una storia in controptendenza, anche per l’Idv locale che forse vede nella candidatura di questo giullare un ostacolo alle logiche del partito e delle prossime alleanze. La candidatura dell’attore, infatti, sta scatenando non poche polemiche nel centrosinistra locale. E anche qualche disagio di troppo nella nomenclatura dell’Idv che ora si trova a gestire una personalità difficilmente “normalizzabile”. «Non credo nei professionisti della politica e meno che mai nella politica delle tessere – spiega Cavalli-, ma in molti hanno visto che potevo contribuire in qualche modo e quindi eccomi qua, a provare a dare un contributo alla politica usando un pezzetto della mia esperienza e della mia vita».
Esplicito de Magistris che spiega che le polemiche «non mi interessano e non mi riguardano ». Per l’ex pm «la candidatura di Giulio, di un giovane che si spende sul piano culturale e sociale come lui, per me è un fatto importante e per questo mi sono speso. Importante perché fa vedere finalmente una faccia diversa della Lombardia». Ma anche una candidatura che mette in ebolizione gli ambienti del partito di Di Pietro alla vigilia del congresso dell’Idv di febbraio. Che per la prima volta sarà un congresso vero con un “ammodernamento” della linea dell’Idv.
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