del 12 gennaio 2010
di Liana Milella
(Giornalista)
SE IL livello di un pranzo si capisce dall'antipasto, mai come ieri l'esordio di Berlusconi ha fatto capire agli astanti che il Silvio del 2010, quanto a voglia di liberarsi dai processi, è identico a quello del 2009. La cronaca gli offre lo spunto. Giusto alle 12 e 13 gli arriva sulla scrivania la notizia che il 25 febbraio la Cassazione deciderà la sorte della condanna di David Mills, il suo coimputato.
Arrivano i commensali e lui dichiara perentorio: "O i giudici decidono nel senso che sostengo io o faccio una dichiarazione a reti unificate per dire che la magistratura è molto peggio della mafia". Il "senso" di Berlusconi è presto detto: la Cassazione deve annullare la sentenza perché i pm di Milano hanno artatamente posticipato di un anno la data del reato e quindi la decorrenza della prescrizione. Se il delitto di corruzione è stato commesso nel '99 e non nel 2000 Mills se ne può tornare a Londra tranquillo e lui può governare sereno.
Grandi riforme all'insegna del partito dell'amore? Immunità per tutti? Solo bubbole. Il premier pensa a se stesso, fa riscrivere il processo breve dal suo fido Ghedini che c'infila dentro almeno altre tre bombe ad personam, è intenzionato a chiedere al Colle un decreto per bloccare i processi. Alle ortiche il legittimo impedimento, in cui c'è troppa discrezionalità dei giudici. Per Napolitano la richiesta è ben altra. Lui la spiega così: "Siccome ci sono le elezioni regionali e voglio stare tranquillo senza l'incubo dei processi, mi serve una soluzione indolore, per cui il presidente ci deve dare una mano. Un decreto, e stiamo tranquilli".
La nuova trovata non può che uscire dalla borsa di Niccolò Ghedini, il mago dei cavilli giuridici. L'ultima invenzione è questa: un decreto che recepisca la sentenza 333 della Consulta, fresca del 14 dicembre e scritta dall'avvocato Giuseppe Frigo, new entry alla Corte per il centrodestra sponsorizzata giusto da Ghedini, in cui si riconosce una lesione del diritto alla difesa, e quindi l'obbligo di riaprire i termini, qualora, di fronte a una nuova contestazione del pm a dibattimento aperto, l'imputato non abbia avuto la possibilità di scegliere il rito abbreviato. E chi ha ricevuto ben due di queste contestazioni? Berlusconi naturalmente, sia nel caso Mills che in quello Mediaset. E cosa chiederà il decreto? Di congelare il processo per tre mesi - si badi: il lasso di tempo che ci separa dalle regionali - per dare all'imputato Silvio la possibilità di decidere se preferisce usare il rito abbreviato. È da vedere se Napolitano riconoscerà necessità e urgenza di un simile decreto. Ieri il capo dello Stato ha preso in contropiede il premier. Lui si aspettava che fosse Napolitano a chiedergli se aveva novità sulla giustizia ed era pronto a sfoderare l'arma del decreto. Ma il presidente ha evitato un possibile terreno di scontro. Certo che i primi guai arriveranno col processo breve
Del resto il maxi emendamento - piatto forte del pranzo a palazzo Grazioli - è l'apoteosi della norma ad personam, camuffata come una legge che riprende quelle di bei nomi della sinistra, nell'ordine, Fassone, Ayala, Brutti, Calvi, Maritati, Finocchiaro, Casson, Pisapia. Berlusconi vorrebbe subito il pieno appoggio di Fini, gli indora la pillola ("Con lui voglio riprendere il filo"), ma durante il pranzo Giulia Bongiorno, Italo Bocchino, Ignazio La Russa, di solito loquaci, sono silenti. Solo La Russa dice che "è essenziale un incontro tra i due leader". Con loro Fini, di prima mattina, è stato perentorio. Gli ha detto che senza una precedente istruttoria, in presenza di rapporti politici inesistenti, qualsiasi giudizio va sospeso. Prima serve il chiarimento politico, poi i finiani giudicheranno il maxi emendamento che l'ex aennino Giuseppe Valentino ha scritto ad Arcore assieme a Ghedini e ai leghisti.
E le conseguenze si vedono. Nel processo breve rientrano tutti i reati, meno gravi, gravi, gravissimi. La corruzione ovviamente resta tra i primi. Tre anni in primo grado, due in secondo, 18 mesi in appello. Ma cosa è scritto nella norma transitoria? La legge si applica subito ai reati commessi prima del 2 maggio 2006, quindi coperti dall'indulto, per i quali, recita l'articolo, "il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere per estinzione del processo quando sono decorsi più di due anni dal provvedimento con cui il pm ha esercitato l'azione penale". Va da sé che i casi Mills e Mediaset rientrano tra questi. È questo il fulcro del maxi emendamento, conta poco che per i delitti gravi si preveda una scansione di quattro, due, 18 mesi per le tre fasi di giudizio, e che per quelli gravissimi si passi a cinque più tre più due dando al giudice la possibilità di spingersi a un terzo in più.
Altre sono le novità da oggi al Senato: il processo breve viene esteso anche alle persone giuridiche, perché il famoso 231, il decreto che disciplina la responsabilità amministrativa delle società ricadrà nel processo breve. Dibattimento corto anche per tutte le società, quelle di Berlusconi comprese, su cui ricade appunto la responsabilità del reato. E non basta ancora. Processo breve pure per la Corte dei conti. Tre anni in primo grado, che si riducono a due "se il danno erariale contestato non supera i 300mila euro", due anni in appello. Il creditore pubblico avrà meno tempo del privato per rivalersi. Costituzionale? Si vedrà. Per ora Berlusconi ha benedetto il tutto. L'en plein per tutelarlo è fatto. Tant'è che non si parla più di lodo congela processi. Quanto all'immunità sia la sinistra a dire se la vuole.
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