del 6 gennaio 2010
di Antonio Massari
(Giornalista)
Da Telecom a Wind la domanda, ormai, è la stessa: qual è il rapporto tra gli 007 nostrani, imprecisati “personaggi delle istituzioni”, e compagnie telefoniche? Sul caso Telecom è calato ufficialmente il silenzio. Sulle connessioni tra dossieraggio illegale – riguardava magistrati, politici e giornalisti – e uomini del controspionaggio militare, sull’interferenza tra il servizio d'intelligence d’una compagnia telefonica (privata) e il servizio d’intelligence di Stato (pubblico), su tutto questo, il governo Berlusconi, ha calato il velo d’un “parziale” segreto di Stato. Riguarda Marco Mancini, numero tre del controspionaggio militare, e gli atti del processo in cui è accusato di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di notizie riservate. Avrebbe passato notizie riservate, in cambio di denaro. Mancini non ha risposto alle domande dell’accusa – i pm di Milano Fabio Napoleone , Stefano Civardi e Nicola Piacente – e potrà continuare a farlo. Grazie al segreto di Stato “parziale” non sapremo mai la verità sul collegamento tra il Sismi e l’intelligence della Telecom diretta, all’epoca dei fatti, da Giuliano Tavaroli. E si fa strada il sospetto che, altrettanta nebbia, possa scendere sul caso Wind.
Il 30 dicembre, infatti, l’inchiesta giudiziaria sul capo della security Wind, Salvatore Cirafici, traslocava da Crotone alla Procura di Roma, detta anche la “procura delle nebbie”. Questioni di competenza: i reati sarebbero stati commessi nella Capitale. Quindi legittima richiesta della difesa, accolta dal Riesame, nel silenzio totale dell’informazione che dall’inizio ha snobbato l’inchiesta. Eppure, dalle carte dell’indagine emerge un grave sospetto: che esistano schede sim “criptate”. Che all’anagrafe Wind risultano “disattive”, ma sono perfettamente funzionanti. Qual è il rischio? Difficile per le autorità giudiziarie risalire al reale intestatario delle schede. Secondo un indagato, queste schede, sarebbero state offerte anche a imprecisati “personaggi delle istituzioni”. Una formula che può ben includere i nostri servizi segreti. E quindi la domanda torna: quali sono i reali rapporti tra “personaggi delle istituzioni”, a partire dai nostri 007, e le security delle compagnie telefoniche? La domanda torna anche per un altro motivo. Nel 2006, in pieno scandalo Telecom, Marco Bernardini - ex agente del Sisde - dichiarò a Repubblica che il carabiniere Luciano Pironi, per entrare nel Sismi, aveva chiesto aiuto, piuttosto che a Mancini, al direttore della security Telecom Tavaroli. Bene. Tre anni dopo, un altro carabiniere, il maggiore Enrico Grazioli, interrogato dal pm Pierpaolo Bruni, dice d’aver chiesto aiuto per entrare nell’Aisi al direttore della security Wind, Salvatore Cirafici, in stretti rapporti con il numero due dei servizi Paolo Poletti. Tornando alla vicenda Mancini e alla security Telecom formato 2006 – quella dove regnava Luciano Tavaroli e s’affacciava Emanuele Cipriani, capo della “Polis d’Istinto”, un’altra agenzia di sicurezza privata – fu Cipriani a confezionare circa 7mila dossier illegali su magistrati, politici e giornalisti. Alla Telecom e alla “Polis d'Istinto” confluivano quindi migliaia di notizie riservate. Confluivano anche da Mancini, che però, ha sempre sostenuto di non aver commesso reati e, soprattutto, d’aver espletato attività “previamente autorizzate”. Secondo l’accusa Mancini avrebbe passato, in cambio di denaro, informazioni riservate a Cipriani. Interrogato, non ha risposto. Difendersi, ha spiegato, equivarrebbe a svelare gli assetti del Sismi. E il segreto di Stato è arrivato, spianando per Mancini una via giudiziaria in discesa. Un segreto di Stato “parziale”, spiega il governo, “in quanto riferibile alle sole relazioni internazionali, tra servizi di informazione, e agli interna corporis degli organismi informativi”. Quindi merita la massima protezione, spiega Berlusconi al gup di Milano, Mariolina Panasiti, spiegando che “il disvelamento di informazioni di siffatta natura potrebbe minare la credibilità degli organismi informativi nei rapporti con le strutture collegate, e pregiudicarne capacità ed efficienza operativa, con grave nocumento per gli interessi dello Stato”. “Berlusconi risponda dinanzi al Copasir”, ha commentato l’ex pm di Venezia, Felice Casson, oggi parlamentare Pd: “L’esistenza del segreto di Stato, in questa vicenda, può determinare conseguenze gravissime per la nostra democrazia”. “Segreto di Stato - gli fa eco l’altro democrat Ettore Rosato - non significa immunità”.
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