del 13 gennaio 2010
di Enrico Fierro
(Giornalista)
Rosarno è nostro e deve essere per sempre nostro. Sennò non è di nessuno”. Con parole chiare, più chiare di un saggio sulla Calabria e sulla mafia, Umberto Bellocco spiega chi comanda nella città dove è vietato esporre striscioni contro la 'ndrangheta. Perché qui, in questa Repubblica dei boss, il potere non è dello Stato e delle sue leggi. Comandano loro: i Bellocco e i Pesce. Da sempre. Umberto all'alba di ieri è finito in galera insieme ad altre quindici persone, con la mamma, il padre e un altro fratello. L'inchiesta della Procura di Reggio Calabria, “Vento del Nord”, ci illumina sulla ricchezza, sul potere, sulle regole e le gerarchie, sulla cultura e sulla enorme capacità di controllo del territorio della sua famiglia, a Rosarno ma anche nei Palazzi di Giustizia a Reggio. Lo racconta il colloquio in carcere tra il figlio di un mafioso e il padre. “L'avvocato deve parlare con un suo amico per spiegargli la situazione in cui si è venuto a trovare Rocco. L'amico è un giudice. La stessa sera che sono andato allo studio, i due (l'avvocato e il giudice, ndr) dovevano andare a cenare insieme per parlarne. L'avvocato aveva telefonato davanti a me, ma non sappiamo come è andata a finire”. Questa parte dell'inchiesta è finita ai giudici di Catanzaro, gli stessi che stanno indagando sulla bomba alla Procura generale per chiarire se davvero qualche toga ha stretto patti scellerati con i boss.
Un equivoco rischia di compromettere la storica alleanza con i Pesce, l'altro “casato” della 'ndrangheta di Rosarno. Bisogna correre ai ripari ed essere decisi. “Con i Pesce c'erano degli accordi, bisogna arrivare ad un chiarimento”. Carmelo Bellocco, 55 anni, da Granarolo, dove è affidato ai servizi sociali, continua a dirigere gli affari della famiglia. Ai figli fa un discorso chiarissimo: “Andate a parlare con Ciccio 'u testuni (Francesco Pesce, reggente della cosca) per un chiarimento. Perché se è così sono cazzi di tutti”. Insomma se scoppia una guerra a Rosarno “i problemi saranno di tutti”. Dei mafiosi e della brava, anche di quelli che hanno impedito alle ragazze del liceo di dire il loro no alla mafia. E se guerra sarà non bisognerà risparmiare nessuno. Perché “noi siamo forti, possiamo uccidere anche cento persone al giorno”. Dispongono di arsenali i Bellocco, di bunker sotterranei per nascondersi. Sono pronti a tutto e senza pietà per i nemici. “Una volta che partiamo partiamo tutti, una volta che siamo inguaiati ci inguaiamo tutti. Dopo o loro o noi, vediamo chi vince la guerra. Dopo pure ai minorenni”. Maria Teresa D'Agostino è la moglie di Carmelo Bellocco. E' una donna di 'ndrangheta, un capo vero. Il marito cerca di calmarla. Lei è spietata. “Bisogna colpire anche le donne, pari pari, a chi ha colpa e a chi non ha colpa, non mi interessa niente...'e fimmine”. Anche Umberto, il figlio, ha dei dubbi: “Le fimmine no”. La madre li zittisce: “Non mi interessa: pari pari”.
Questo è il tallone di ferro che schiaccia Rosarno, lembo d'Italia, questa è la mafia che ha fatto quello che la Lega, Maroni, le Bossi-Fini non sono riuscite a fare: cacciare i negri. In una notte sola, caricarli sugli autobus e spingerli fuori dalla Repubblica dei boss. Dove Carmelo Bellocco non deve temere fastidi quando, anche grazie ai prestanome, la sua famiglia acquista supermarket, pompe di benzina, agenzie di viaggio e imprese. “Rosarno è quello che è, la Calabria è quello che è, ognuno ci conosce bene. Lo sa tutto il mondo”. Nella “famiglia” i ruoli sono ben definiti. A Domenico Bellocco, trent'anni, il padre ha affidato il compito di gestire il ramo imprenditoriale . “Io i soldi mica li tengo a casa – dice il giovane imprenditore-mafioso – io li riciclo, li reinvesto”. Di ammazzatine e altro non si deve interessare. E quando si tratta di dare una lezione a un nemico impone alla moglie di “non mandare Micu, altrimenti si guasta l'immagine come imprenditore. Io devo guardare anche a queste cose”. Dare lezioni tocca a Ciccio, Francesco, l'altro figlio al tempo in carcere. Che se c'era lui “a quello l'avrei fatto menare, l'avrei fatto spaccare di palate da mandarlo in ospedale per due mesi”. Quando i Bellocco sono interessati all'acquisto di un terreno (5mila metri appena), Carmelo convoca uno dei figli per spiegargli come deve regolarsi con i proprietari: “Papà vi vuole bene, vi rispetta, tra noi c'è sempre stato rispetto, ma questa terra non ti devi sognare di venderla a nessuno perché interessa a noi. Se vedi che si annaca (che resiste, ndr) gli devi dire che ha detto mio padre che ti ammazza a te, a tuo fratello e a tuo papà”. Hanno potere di vita e di morte su tutti i Bellocco, e forse ha ragione il boss Carmelo, quando dice che “se volete sapere chi sono i Bellocco basta fare un clic sul computer”. La mafia e Google. Carmelo Bellocco era a Granarolo, affidato ai servizi sociali, e, dal paese patria del parmigiano, dirigeva la cosca affidando la leva del comando a Rosarno e nella Piana alle giovani generazioni di mafia. Ora è in galera. Ma i Bellocco a Rosarno comandano sempre.
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