sabato 19 dicembre 2009

CHI SEMINA VENTO

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 19 dicembre 2009

di Massimo Fini
(Giornalista)


Gianni De Michelis, condannato a 2 anni e sei mesi per corruzione e ad altri sei mesi per lo scandalo Enimont, ha dichiarato: “L’unico modo per salvare questo paese è isolare Di Pietro; l’hanno fatto in Francia con Le Pen, che aveva molti più voti, devono farlo anche con lui che non è soggetto compatibile con lo Stato di diritto”. Curioso, non sono anni che questi del centrodestra ci rompono i timpani col refrain che il consenso popolare è tutto e autorizza a tutto? Oppure c’è un limite sopra il quale il consenso vale e sotto il quale, si tratti anche di milioni di voti, non ha diritto di cittadinanza? E perché gli si neghi il diritto di esistere politicamente è forse Di Pietro un pregiudicato come De Michelis? Oppure ha comprato magistrati per aggiustare sentenze o corrotto testimoni in giudizio? Ma lasciamo perdere i De Michelis. Sul Fatto del 28/11, poco più di due settimane fa, scrivevo: “La magistratura è come l’arbitro di una partita di calcio. Dell’arbitro si può dire che sbaglia, che è incapace, che non ci vede, ma se un giocatore sostiene che è corrotto e non ne accetta i fischi quando sono contro di lui, ma d’altro canto pretende che siano validi quelli a suo favore, la partita finisce in una zuffa perché, prima o poi, anche tutti gli altri giocatori si comporteranno allo stesso modo. Fuor di metafora: si rompe il patto sociale che ci tiene insieme. E si va verso una guerra civile”. Noi non siamo ancora alla guerra civile perché uno psicolabile, con un’aggressione che va condannata senza se e senza ma, ha maciullato il volto del premier riducendolo a una maschera tragica e grottesca. Ma l’episodio non va sottovalutato. Uno psicolabile, proprio perché gli mancano i freni inibitori, coglie più acutamente il clima di un’epoca. Non siamo alla guerra civile, ma in un clima da guerra civile. E la responsabilità principale è di chi ha delegittimato l’arbitro. Non più tardi di due settimane fa, in una sede europea, Berlusconi aveva dichiarato: “Il Parlamento è stato occupato dai giudici di sinistra, la Consulta non è più un organo di garanzia, ma politico”. Affermazioni talmente gravi che avevano costretto il pur prudentissimo Napolitano a non fare la solita reprimenda “urbi et orbi”, ma a indirizzarla al premier, parlando di “violento attacco a fondamentali istituzioni di garanzia volute dalla Costituzione italiana”. E il presidente della Camera, Gianfranco Fini, aveva ricordato a Berlusconi il primo articolo della Carta: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. E le eversive affermazioni europee di Berlusconi non sono che le ultime di una lunghissima serie, iniziata nel 1994. C’è poi la gravissima responsabilità di aver spaccato il paese in due: fra i suoi fan e tutti gli altri denunciati come “comunisti”. Spaccatura di cui non si avvertiva alcun bisogno, dal momento che i comunisti non esistono più, se non in frange marginali, e una sinistra che accetta il libero mercato si differenzia assai poco dalla destra. Dicevano i nostri vecchi: chi semina vento raccoglie tempesta. www.ilribelle.com

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