mercoledì 18 novembre 2009

Il suicidio di un democratico tradito dalla politica

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 18 novembre 2009

di Alfio Caruso
(Giornalista)


Adolfo Parmaliana adorava la famiglia, la Juve, Berlinguer, l’idrogeno, il risotto di mare, gli studenti, Benigni. Voleva una vita d’impegno, di battaglie, di polemiche, di arrivi in salita. A poco più di cinquant’anni Adolfo Parmaliana si è dimesso dalla vita dopo essersi dimesso dall’essere prima italiano e poi siciliano. L’ottobre di un anno addietro si è lanciato dal viadotto di Patti Marina lasciando dietro di sé una terribile lettera d’accusa e lo sgomento dei tanti increduli che a compiere un simile atto fosse stato il cantore della gioia di vivere.

E anche se in questa storia ufficialmente non esistono colpevoli, il suicidio del professore di Chimica industriale, molto più apprezzato e amato all’estero che nella sua terra, pesa peggio di un omicidio sulle coscienze di coloro che l’hanno perseguitato. Ma costoro ce l’hanno una coscienza?

Adolfo Parmaliana credeva nell’onestà dei siciliani, credeva che gli amministratori pubblici avessero quale scopo primario il benessere dei cittadini, credeva che i magistrati e i giudici vincessero il concorso per contrastare il Male e far trionfare il Bene. Adolfo Parmaliana credeva che fosse importante combattere per le proprie idee. Nel messaggio d’addio ha scritto: “Ho trascorso trent’anni bellissimi dentro l’università innamorato ed entusiasta della mia attività di docente universitario e di ricercatore. I progetti di ricerca, la ricerca del nuovo, erano la mia vita. Quanti giovani studenti ho condotto alla laurea. Quanti ricordi. Ora un clan mi ha voluto togliere le cose più belle: la felicità, la gioia di vivere, la mia famiglia, la voglia di fare, la forza per guardare avanti. Mi sento un uomo finito, distrutto”.

Il clan che l’ha chiuso nell’angolo, che l’ha condotto alla disperazione non è un clan mafioso. E’ peggio. E’ il Pus, il Partito unico siciliano, in grado di amalgamare gli interessi più disparati dalla destra alla sinistra. Lo compongono i cinquanta cognomi e i dieci nomi, che attraverso i secoli hanno sempre mirato al tornaconto personale, agghindato da nobili propositi. Per raggiungerlo hanno baciato ogni culo disponibile, hanno tradito ogni causa, hanno calpestato ogni ideale. Il Pus vince sempre. Sotto le ali della massoneria e della mafia mette insieme e amalgama politici all’apparenza inappuntabili, imprenditori arricchitisi con le concessioni statali e regionali, giudici e magistrati addobbati da sacerdoti del Diritto, eleganti amministratori delegati di banche. I nemici definivano Parmaliana un pericoloso eversore, ma lui si faceva fotografare con il libro di Alberoni tra le mani, lui per trent’anni si è presentato ogni giorno all’università in giacca e cravatta. Parmaliana era un borghese imbottito di belle letture e di preziosi insegnamenti. Si era acceso prima per il Pci, poi per il Pds, infine per i Ds. Quando è nato il Pd se n’è andato in punta di piedi, stanco di esser ignorato, deriso, umiliato. Le sue lettere a Fassino, a Veltroni mai hanno ricevuto una risposta. I settori della sinistra siciliana l’hanno avversato come mai si sono sognati di fare con Cuffaro e con Lombardo . Nel suo studio ha, però, continuato a campeggiare la gigantografia di Enrico Berlinguer. A rovinare Parmaliana è stato lo scioglimento per infiltrazioni mafiose della giunta del suo comune, Terme Vigliatore, a uno sputo da Barcellona Pozzo di Gotto, non a caso definita la Corleone del nuovo millennio, zeppa di logge ufficiali e coperte. Il provvedimento assunto da Ciampi e Pisanu nel dicembre 2005 fu la conseguenza delle decine di denunce formulate negli anni da Parmaliana. Gliel’hanno giurata. Nel grottesco silenzio delle Procure l’unico a rimediare una denuncia è stato Parmaliana, imputato di aver diffamato il vicesindaco di Terme mandato a casa assieme agli altri da Ciampi e Pisanu.

Ecco, allora, il tremendo atto d’accusa di Parmaliana: “La magistratura barcellonese-messinese vorrebbe mettermi alla gogna, vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi; mi sta dando la caccia perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti e deviati. Non posso consentire a questi soggetti di offendere la mia dignità di uomo, di padre, di marito, di servitore dello Stato e docente universitario… Hanno deciso di schiacciarmi, di annientarmi”. E attualmente i tre personaggi più rappresentativi di Messina sono di Barcellona e tutti e tre iscritti alla stessa associazione, Corda Fratres: il sindaco Peppino Buzzanca, il procuratore generale Franco Cassata, il vicepresidente del Senato Domenico Nania.


IO CHE DA MORTO VI PARLO


Non solo tutto rimane come prima, senza nemmeno far lo sforzo di fingere che sia stata avviata una nuova stagione, ma addirittura Parmaliana accerta a proprie spese che l’essersi battuti per il Bene è considerata la peggiore delle offese. Il 3 febbraio 2006 il professore partecipa alla direzione messinese dei Democratici di sinistra da qualche mese al governo della città con la sindacatura Genovese, eletto dopo la forzata rinuncia di Buzzanca. La riunione è da subito incandescente. Così la ricostruisce il professor Nino Mantineo, docente di Diritto ecclesiastico all’Università di Catanzaro: “Il vero argomento di discussione riguardava la spartizione degli incarichi, nella fattispecie un fedelissimo da piazzare all’Ato, l’ente che in ogni provincia si occupa di rifiuti, acqua, fogne, depurazione. Il vecchio gruppo dirigente, incarnato da Gioacchino Silvestro e Angela Bottari, marito e moglie, incontrastati primattori fin dai tempi del Pci, ambiva alla riconferma dei propri uomini. Il segretario del momento, l’avvocato Marcello Scurria, sembrava abbastanza in sintonia. (...) Dopo di me prese la parola Parmaliana. (...) Attaccò le complicità del partito nelle logiche affaristiche, nell’alleanza con gruppi mafiosi. Fece riferimento al progetto d’insediamento artigianale e industriale di Terme Vigliatore, al quale erano interessati diversi dirigenti ds. (...) Fu subito circondato da un gruppetto di maggiorenti: Scurria, il deputato regionale Panarello, Silvestro e suo figlio. Lo sfidarono fisicamente, lui non cadde nel tranello, tuttavia venne ricoperto d’insulti sanguinosi, di epiteti violentissimi. Lo minacciarono pesantemente. Mi sembrò una vittima predestinata. (...)”.

Parmaliana informa immediatamente i vertici del partito. Spedisce una lettera a Fassino, il segretario dell’epoca, e per conoscenza a Claudio Fava, a Beppe Lumia, al segretario regionale, Capodicasa, a quello messinese, Santagati.

“Cari compagni, venerdì 3 febbraio 2006, nel corso della riunione della direzione della federazione dei Democratici di sinistra di Messina, sono stato oggetto di intimidazioni e minacce da parte di taluni membri della direzione in riferimento a un articolo pubblicato lo stesso giorno dal settimanale Centonove, che riferisce della compartecipazione di alcuni iscritti e dirigenti del nostro partito in una vicenda riguardante la realizzazione dell’area artigianale nel comune di Terme Vigliatore (Me). Gli organi amministrativi del comune di Terme Vigliatore sono stati sciolti con decreto del presidente della Repubblica del 23/12/05 per accertati condizionamenti da parte della criminalità organizzata. Nelle motivazioni dello scioglimento si fa esplicito riferimento alla succitata vicenda della realizzazione dell’area artigianale nei termini ‘...iniziative spregiudicate intraprese... per condurre in porto rilevanti operazioni economiche... la vicenda è stata connotata da maldestri tentativi messi in atto per avvantaggiare economicamente... i soggetti cointeressati all’operazione’ e si evidenzia peraltro che ‘tra i soci del Consorzio vi sono amministratori locali e soggetti collegati a esponenti mafiosi’. I fatti riportati nell’articolo risultano essere veri e documentati. In particolare, nel corso della riunione della direzione, Scurria, indicato nell’articolo come consulente legale del Consorzio, che avrebbe dovuto realizzare l’area artigianale, e Crisafulli Luigi Bruno, presidente del Consorzio, ripetutamente e congiuntamente mi hanno rivolto minacce, violenze verbali, offese e istigazioni. Panarello mi ha indicato come ispiratore dell’articolo e con fare veemente e toni violenti ha interrotto più volte il mio intervento alla direzione; a ciò si sono associati Silvestro e Bottari, quest’ultima chiedendo la convocazione immediata della commissione di garanzia probabilmente per adottare qualche provvedimento nei miei confronti, reo forse di aver condotto battaglie per la legalità e contro il malaffare. Sono stato avvicinato e circondato in maniera minacciosa da Crisafulli, Scurria e altri, e ho temuto per la mia incolumità personale. Il segretario della federazione e il presidente della direzione, visto il clima che si era creato e la sua possibile evoluzione, hanno deciso di sospendere e rinviare i lavori della direzione. Sono preoccupato per questa aggressione e ho avvertito la necessità di tutelare la mia incolumità personale, anche in considerazione della condizione di isolamento che tale vicenda potrebbe generare. Per contestualizzare la vicenda è opportuno richiamare alla vostra attenzione che: a) l’unità di base ‘M. D’Antona’, d’intesa con il segretario della federazione e con i dirigenti nazionali del partito (Violante, Lumia, Fava), ha condotto una straordinaria iniziativa politica per la legalità contro il malaffare e l’infiltrazione della criminalità organizzata nella gestione amministrativa del comune di Terme Vigliatore contribuendo in maniera determinante all’emanazione del succitato provvedimento di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica. Questa attività politica, sebbene abbia caratterizzato l’unità di base sin dalla sua costituzione (1999), è stata particolarmente intensa e determinata dal 2003; b) in occasione dell’ultimo congresso di federazione (gennaio 2005) l’unità di base ‘M. D’Antona’ ha rivolto al partito un appello affinchè le questioni della legalità e della lotta alla mafia caratterizzassero la nostra iniziativa politica a livello provinciale. In considerazione di quanto esposto, vi chiedo di voler esprimere le vostre valutazioni su tali fatti e di adottare le necessarie determinazioni”.

“Ho bisogno di conoscere se la lotta per la legalità, la trasparenza e la democrazia e contro il malaffare, il consociativismo e la mafia e la questione morale sono temi centrali dell’impegno politico dei Ds, in particolare in Sicilia, o se piuttosto siano temi da utilizzare in termini virtuali ed effimeri per la propaganda elettorale o per il proselitismo che potrebbero diventare ‘scomodi’ quando vengono assunti come pratica, strumento e fine della nostra azione politica (...)”. Non arrivano risposte né tanto meno solidarietà altolocate. Ormai Parmaliana c’è abituato. Probabilmente neanche ci bada”.

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