del 12 novembre 2009
di Bruno Tinti
(Ex Procuratore della Repubblica Aggiunto di Torino)
Adesso, alla III puntata, è chiaro perché Berlusconi & soci vogliono la separazione delle carriere: perché non vogliono un pm-giudice. Ma il pm-separato-non-giudice cosa farà? E’ ovvio, lo dicono tutti quelli che (in buona o in mala fede) sono favorevoli alla separazione: sosterrà l’accusa. L’accusa, solo questo. Non indagherà più a 360 gradi, non dovrà più chiedersi se l’indagato è colpevole o innocente (se lo facesse torneremmo al modello attuale e allora la separazione sarebbe priva di senso). Dovrà raccogliere solo le prove che gli servono per sostenere al processo che l’imputato è colpevole; alle altre prove, quelle che servono per dimostrare che l’imputato è innocente, ci penserà l’avvocato difensore, la cosa non lo riguarda. Ecco cosa sarà un pm che sostiene l’accusa: un pm-avvocato. Così nel processo ci saranno un giudice e due avvocati: quello difensore sosterrà la difesa e, se per caso troverà una prova a carico del suo cliente farà finta di non vederla e (magari) la nasconderà; comunque eviterà di evidenziarla. Quello accusatore sosterrà l’accusa: e, se per caso troverà una prova favorevole all’imputato, etc. Poi, davanti al giudice, ognuno dei due tirerà l’acqua al suo mulino; ognuno dei due sosterrà la sua tesi, senza chiedersi se è giusta o no, semplicemente cercando di farla prevalere. E il giudice cercherà di decidere per il meglio. Vi piace questo sistema? Io lo trovo folle. Negli Stati Uniti funziona così; e lì è ancora peggio perché c’è la giuria, cioè cittadini che di leggi e diritto non sanno nulla e che decidono in base alle impressioni suscitate in loro nel corso del processo. Un avvocato celebre, elegante, suadente, intelligente li convincerà più facilmente di un avvocato sciatto, rozzo, approssimativo, antipatico. Ma come si presentano, come sono i due avvocati, quello dell’accusa e quello della difesa, non ha nulla a che fare con la tesi che sostengono, non ha nulla a che fare con l’innocenza o la colpevolezza dell’imputato. E infatti negli Stati Uniti le carceri sono piene di innocenti (anche per via di altri strumenti processuali che qui non sto ad analizzare); e soprattutto per via del fatto che i poveri certo non possono permettersi difese in grado di contrastare il pm (che lì si chiama procuratore distrettuale). Il pm ha mezzi tecnici, economici e di personale che la difesa si deve pagare. E che si fa se l’imputato non ha soldi? Niente si fa, si difende come può e non l’aiuta nessuno.
Ma questo sistema presenta anche altri problemi. Un avvocato che rappresenta l’accusa e solo quella non può essere indipendente; sarebbe irragionevole. L’indipendenza è un requisito del giudice che deve essere libero di decidere quello che gli sembra giusto. Ma, se si è già stabilito che il pm deve sostenere l’accusa e solo quella, qualsiasi sia la sua opinione personale sulla colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, allora, come gli avvocati, avrà un cliente, quello che gli impone la tesi da sostenere. In questo caso lo Stato. Ho detto lo Stato? Ho sbagliato. Lo Stato è il cliente che servono i giudici e quindi, oggi, anche il pm-giudice. Ma il pm-avvocato che sostiene l’accusa ha come cliente il governo. Proprio come l’Avvocatura dello Stato che sostiene le tesi che il suo cliente, il governo, gli chiede di sostenere. Proprio come ha fatto l’Avvocatura dello Stato dinanzi la Corte Costituzionale, quando ha spiegato che il lodo Alfano andava conservato altrimenti, in caso contrario, Berlusconi avrebbe dovuto dimettersi “e pensate che danno per il paese!”. Argomentazione di una raffinatezza giuridica che, dopo 41 anni di magistratura, ho difficoltà a percepire. Il problema allora è che, se il cliente del pm è il governo, i processi finiscono col diventare politici. Il pm-avvocato viene incaricato di fare questo o quell’altro processo; e soprattutto, di non fare questo o quell’altro. Vi piace questo sistema? A me pare folle. In Francia funziona proprio così. I miei colleghi francesi spesso mi hanno detto che si sono trovati a dover seguire direttive che stridono con equità e buon senso perché ispirate da ragioni politiche. Qualcuno ha dato le dimissioni. Vi piace questo sistema? A me pare folle. Alcuni favorevoli alla separazione e sicuramente in buona fede dicono: la separazione delle carriere è cosa buona e giusta anche se, al momento attuale, è sconsigliata dall’esistenza di un governo nelle mani di Berlusconi. Questa tesi è veramente sbagliata. Il potere è potere, da chiunque venga esercitato. E’ assolutamente certo che Berlusconi abuserebbe di un sistema che gli affidasse il controllo delle procure. Ma così potrebbe comportarsi chiunque si trovasse un giorno nella sua posizione. Quando Montesquieu ha disegnato il suo celebre assetto costituzionale fondato sulla separazione dei poteri non ha certo pensato che esso avrebbe potuto essere derogato qualora lo Stato fosse finito nelle mani di un tiranno buono e giusto; e, se venisse rovesciato da un tiranno cattivo che si servirebbe, per rovesciarlo, proprio di quell’assetto costituzionale disegnato per il tiranno buono? Poi, ci sono momenti storici in cui i detentori del potere sono peggiori della media; e, purtroppo, noi stiamo vivendo un momento di quelli. Ma non si costruisce una Costituzione in funzione degli uomini che di volta in volta governano: è chi governa che deve rispettarla. Così, in conclusione, perché Berlusconi vuole la separazione delle carriere a questo punto è ovvio: per controllare le procure, per impedire che facciano i processi che gli danno fastidio e per fargli fare i processi che gli fanno comodo. Chiunque capisce che tutto ciò non ha nulla a che fare con la crisi della giustizia italiana (processi lunghi e pene non eseguite); che non è allo sfascio perché non c’è la separazione delle carriere; così come negli altri paesi la giustizia non funziona meglio perché le carriere sono separate. Lo sfascio della giustizia italiana è dovuto alle leggi fatte apposta per non farla funzionare.
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