del 11 dicembre 2009
di Marco Lillo e Antonio Massari
(Giornalisti)
Ricatti dei servizi segreti e trattative in corso, dimostrati da alcuni pizzini, fino all’agosto del 2000: è questo lo scenario emerso dall’inchiesta condotta da Annozero, in onda ieri, e dalle interviste di Sandro Ruotolo a Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo. Se le rivelazioni venissero confermate in sede processuale, l’ipotesi della trattativa tra Stato e Cosa Nostra, ne uscirebbe rafforzata. E non solo quella. È Massimo Ciancimino a spiegare, in più riprese, come e perché ha deciso di raccontare tutto. “Devo finire di proteggere alcune persone: perché non mi protegge nessuno”, spiega, rivelando una serie di ricatti subiti dai servizi segreti, che già nell’aprile 2006 l’avevano avvertito dell’imminente arresto. “Dieci giorni prima che m’arrestano, me lo dicono. Prendo tutta la documentazione e vado a portarla all’estero. Mi viene detto che tutto si sarebbe risolto”.
A quanto pare, però, tutto sarebbe finito bene per lui a una condizione: “Dovevo restare zitto sulla trattativa”, spiega Ciancimino. Che resta perplesso già dall’inizio, poiché nel suo appartamento erano stati sequestrati molti documenti: “Un foglio dove c’è scritto Berlusconi (quello scritto da Provenzano, ndr)”, per esempio, oltre a una scheda telefonica sim con i riferimenti dei “signor Franco” (uomo dei servizi segreti, ndr) e un foglio con le azioni di politici”. Ciancimino racconta di essere stato tranquillizzato: “Stai sicuro”, mi dissero, “che questa documentazione, a livello processuale, non emergerà”. E nessun documento di questo tipo”, conclude, “è stato mai posto alla mia attenzione, a livello processuale”.
Massimo Ciancimino, però, si spinge oltre, spiegando il “ricatto” dei servizi: “nella fase processuale sono stato ostaggio di uomini legati al famoso signor “Franco”. Tutte le fasi processuali venivano anticipate da questi soggetti, che hanno permesso che non si perquisisse la cassaforte, a casa mia, dove c’erano il “papello” e i pizzini di Provenzano”. Qualcuno gli diceva che, della trattativa, non avrebbe mai dovuto raccontare nulla a nessuno: “Il capitano (del Ros dei carabinieri, ndr) De donno mi ha sempre detto che non dovevo parlare di questi argomenti”. E tra i documenti, esisterebbe anche un appunto, di Ciancimino padre, dove si legge: “Buscemi e Bonura uguale Berlusconi”. I due erano imprenditori di Palermo, legati a Salvatore Riina. Ciancimino non fornisce ulteriori dettagli, spiegando che ci sono indagini in corso: “Ci sono investimenti di costruttori, che in quegli anni non erano sottoposti a indagini, poi definiti mafiosi, che hanno investito in attività imprenditoriali del nord. Di più non posso dire” .
Un ulteriore riscontro alla tesi della trattativa tra Stato e Cosa Nostra, poi, giunge da sei nuovi pizzini svelati da Annozero, se davvero furono inviati da Provenzano a Cianci-mino . “Carissimo Ingegnere (…) ho riferito i suoi pensieri al nostro amico sen.”. Il pizzino sarebbe dell’agosto 2000 e confermerebbe, quindi, che la trattativa tra Stato e Cosa Nostra, iniziata nel 1992, sarebbe proseguita. Chi è il “sen.”? S’ipotizza che possa essere Dell’Utri, che all’epoca, però, non era senatore. Il pizzino prosegue con il riferimento all’amnistia: sarebbe meglio se arrivasse con un governo di centrosinistra.
In un altro si legge: “Se lei pensa che parlare con questa gente ci porti qualcosa di buono a Lei non manca”. Secondo la ricostruzione, lo scritto risale agli inizi di giugno del 1992, dopo la strage di Capaci e prima di quella di via D’Amelio. La chiave di lettura potrebbe essere quella dell’ok alla trattativa con i carabinieri. Un ulteriore riscontro giungerebbe dal pizzino nel quale, Provenzano, scrive “Carissimo Ingegnere, ho ricevuto la notizia che ha ritirato la ricetta dal caro Dottore”. La “ricetta” potrebbe essere proprio il “papello”: le richieste avanzate da Riina allo Stato. Pretese altissime, che avevano scoraggiato lo stesso Ciancimino, e in questo senso possono leggersi le righe successive: “Credo che è il momento che tutti facciamo uno sforzo (…) il nostro amico è molto pressato”. Se l’“amico” è Riina, all’epoca capo di Cosa Nostra, c’è da chiedersi, allora, chi e perché possa averlo “pressato”. Quale “entità” era in grado, all’epoca, di pressare un boss del calibro di Riina?
Forse in quegli anni il pressing lo faceva andreotti tramite mancino?
RispondiElimina