del 18 dicembre 2009
di Carlo Tecce
(Giornalista)
Per fortuna ci sono le distanze. Silvio Berlusconi era all’ospedale San Raffaele, lontano una decina di chilometri dalla Bocconi: altrimenti Alessandro Sallusti avrebbe imputato Marco Travaglio e Michele Santoro di tentato omicidio. Perché il condirettore del Giornale, più scaltro e lesto degli inquirenti, scandisce i nomi dei mandanti della bomba all’università: “Si tacerà sul fatto che gli autori dell’attentato sono fans di Santoro e Travaglio e che quest’ultimo li ha confortati e forse incoraggiati sostenendo che è giusto odiare e augurarsi la morte fisica degli avversari politici (in questo caso anche diclasse, cioè i bocconiani, in maggioranza figli della borghesia berlusconiana)”. La posizione s’aggrava: tentata strage, più il Duomo volante scagliato da Massimo Tartaglia. L’esecutore, nient’altro che un “mattacchione che ha preso alla lettera l’invito dei nuovi partigiani”. La sconosciuta Federazione anarchia informale ha rivendicato l’ordigno della Bocconi, ma le soluzioni semplici disgustano chi fa della dietrologia un mestiere e delle ricostruzioni uno spasso. Il quotidiano di Vittorio Feltri fa i nomi dei cattivi maestri, il settimanale Panorama scopre la fabbrica dell’odio, dove insegnano i suddetti maestri: “Ecco, come si è arrivati all’aggressione in piazza”. Piglio sicuro, tono fermo . Il profilo dei delinquenti è definito dall’editoriale di Giorgio Mulè. Le informazioni di Fabrizio Cicchitto erano parziali, Travaglio non è un normale terrorista mediatico, bensì un brigatista dell’odio.
I brigatisti usano le pistole? Ricordate Altero Matteoli a Porta a Porta: “Le parole sbagliate sono pistole”. Il direttore Mulè fa una premessa lunga una colonna e carica di allusioni, prende per mano il lettore e s’inoltra nella selva oscura, da cortese Virgilio scende negli inferi dell’odio e inorridisce: “Caccia senza tregua a Berlusconi. Lo cercano, lo braccano, vogliono annientarlo in nome di un sentimento che li accomuna: l’odio. Quando parlo di chi sta lì fuori, penso ai giornalisti, ai politici, ai magistrati”. Brigatisti sì, in teoria: “Penso a quelli che non si sporcano le mani, ma le armano a quegli imbecilli che tra poco esporranno in qualche manifestazione la miniatura del Duomo. I brigatisti dell’odio fanno così: interpretano i messaggi, li deformano in chiave primordiale”. Istinto animale: “Per vivere i brigatisti dell’odio hanno necessità di nutrirsi continuamente di livore. Sono come belve assetate di sangue, vivono nell’attesa che gli venga segnato e ribadito il bersaglio”.
Ricapitolando: brigatisti manovali e in cattedra, mezzi uomini e mezzi animali che vegetano e poi s’infiammano con l’odio, il contrario dell’amore berlusconiano: “In soccorso all’eventuale dubbio che si instillasse nella mente del brigatista, giunge lesta la rassicurazione di uno dei cultori dell’odio: Marco Travaglio”. Le televisioni hanno presto scaricato quel matto di Tartaglia, reso incapace persino di lanciare un oggetto: il primo giorno era uno psicolabile, il secondo l’avevano aiutato, il terzo armato. Il quarto Alessandro Meluzzi (psichiatra) l’ha cancellato: “Come si chiama questo personaggio? Travaglio? Tartaglia , sì”. Da Mediaset a Mondadori, dal massone Meluzzi all’ex di Studio Aperto: “Ma quel picchiatello di M.T. (non sto ovviamente parlando di Marco Travaglio, ma di Massimo Tartaglia) che poteva fare, bombardato com’è stato di messaggi carichi di odio?”. Ops, Mulè inciampa con le iniziali – e non corregge – la calunniosa amnesia. La filippica sfiorisce con un mesto ammonimento: “L’odio ha sconfitto la ragione”. Panorama ha individuato la fabbrica dell’odio e, in sei pagine, affida una visita guidata a Silvia Grilli. L’autrice rintraccia le tute blu in servizio – i più assudi, ovvero Annozero, Repubblica e il Fatto – e per annunciare la vittoria dell’odio sull’amore cita il Wall Street Journal, il Times di Londra, Giovanni Paolo II, John Lennon, John F. Kennedy, Alexandre Dumas. Riprende l’intervento di Travaglio sul sito di Beppe Grillo, e chiosa appena chiude le virgolette: “Questa è la massima espressione d’odio: noi che siamo il bene non ti uccidiamo, ma ti lasciamo in vita, maledicendoti e condannandoti al destino che meriti: tormentarti tra incubi e pentimenti”. Tartaglia adesso è vittima di un piano eversivo. Nessuno se n’è accorto. Neppure lui.
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