del 12 dicembre 2009
di Antonio Massari
(Giornalista)
Il processo inizierà nel febbraio 2010: il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, ieri è stato rinviato a giudizio per “corruzione” e “finanziamento illecito” del suo partito, la “Puglia prima di tutto”, a causa d’una presunta tangente da 500 mila euro versata, nel 2003, dal patron della sanità laziale - e dei quotidiani Libero e Il Riformista - Gianpaolo Angelucci, anch’egli rinviato a giudizio per corruzione. La decisione è stata presa dal giudice dell’udienzapreliminare, Rosa Calia di Pinto, su richiesta della pubblica accusa, rappresentata dai pm Renato Nitti, Lorenzo Nicastro e Roberto Rossi. Il ministro ha commentato così: “L’impianto accusatorio è crollato”. Fitto ha parlato d’una sentenza che gli “rende finalmente giustizia”. Una sentenza – ribadiamo: un rinvio a giudizio per “corruzione” e “finanziamento illecito” - che “fa crollare completamente l’originario impianto accusatorio che, oggi, si conferma puramente persecutorio”.
Analisi confermata da un altro ministro del nostro Governo, Sandro Bondi, coordinatore del Pdl, che, nel rinvio a giudizio, legge la sconfitta dei pm e la vittoria di Fitto: “Il processo politico e mediatico nei confronti di Fitto muore oggi, con la pesante sconfitta d’un manipolo di pubblici ministeri, animato da chiaro intento persecutorio. Fitto riuscirà a dimostrare la sua estraneità anche dai reati minori per cui è stato rinviato a giudizio”.
In sintesi – caso mai vi fossero ancora dubbi – per questo governo la “corruzione” e il “finanziamento illecito” sono “reati minori”. Non solo. Quando il giudice accoglie la richiesta dei pm – seppure in modo parziale, come vedremo – e manda a processo l’imputato, secondo Bondi e Fitto, ciò significa che l’impianto accusatorio “è crollato”.
La cronaca ha registrato fatti ben diversi. Accolta la richiesta di rinvio a giudizio di Fitto per “corruzione” e “finanziamento illecito” che viene prosciolto, invece, dall’accusa di “falso” e “associazione per delinquere”. L’inchiesta - che ora conta una sessantina di imputati - riguarda la presunta associazione per delinquere che, tra il 1999 e il 2005, avrebbe compiuto reati nel settore della Sanità, con lo scopo di favorire alla società “La Fiorita” (di Dario e Pietro Maniglia, rinviati a giudizio). “La Fiorita”, in sintesi, avrebbe goduto d’una sorta di monopolio, nella concessione di appalti e servizi, da parte di enti pubblici e Asl.
Il patron della Sanità laziale Angelucci - coinvolto nell’indagine con diverse aziende, tra le quali la cooperativa del quotidiano Libero e il consorzio San Raffaele – andrà a processo con l’accusa d’aver versato 500 mila euro di finanziamento alla lista di Fitto, la “Puglia prima di tutto”, (somma iscritta in bilancio, dopo regolare bonifico): la somma rappresenterebbe, secondo l’accusa, una tangente finalizzata a ottenere un appalto da 198 milioni di euro per gestire alcune residenze sanitarie assistite.
Sarebbe questa - il rinvio a giudizio - la sconfitta dei pm. Sarebbe questo il successo di Fitto che, nel 2008, dichiarò al settimanale Tempi: “Con la Procura di Bari ho una battaglia in corso che, per quanto mi riguarda, andrà fino alle estreme conseguenze”.
Il coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, adesso parla di “massacro politico e umano” nei riguardi del ministro pugliese. Parole – quelle di Bondi, Fitto e Verdini – da non sottovalutare. I tre pm – Nitti, Nicastro e Rossi - sono finiti nel mirino di Angelino Alfano, ministro di Giustizia, che a marzo ha disposto, nei loro riguardi, un’ispezione ministeriale. Della quale, al momento, non si conosce l’esito. Da cosa nasceva l’ispezione ministeriale? Da un esposto di Fitto: il ministro lamentava alcune irregolarità, commesse dai pm, proprio nel procedimento per il quale, ieri, è stato rinviato a giudizio. E Bondi commenta: “Dopo otto anni di indagini, 150 mila intercettazioni telefoniche, e addirittura una richiesta di arresto, i pm sono stati sconfitti dalla verità”.
Nessun commento:
Posta un commento