venerdì 4 dicembre 2009

Milano, violati i file segreti della Procura L’ombra di una nuova centrale di ricatti

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 4 dicembre 2009

di Gianni Barbaceto
(Giornalista)


Un’incursione nell’archivio della Procura, a caccia di segreti sulle indagini in corso: a Milano è stata violata la cassaforte informatica in cui sono contenuti i documenti più riservati sulle inchieste e i file audio delle intercettazioni non ancora trascritte né messe a disposizione degli indagati e dei loro avvocati. È quanto sta accertando il sostituto procuratore Massimo Meroni, che ha ereditato l’indagine dal pm Fabio De Pasquale. Meroni nei giorni scorsi ha fatto eseguire alcune perquisizioni. Sarebbero già stati individuati i probabili responsabili della violazione: due persone che lavorano per un’azienda specializzata in intercettazioni, la Research control system spa, che fino al 2008 faceva parte del gruppo Urmet, storica azienda torinese di sistemi di telefonia controllata dalla famiglia Mondardini. Oggi la Research control system, venduta dalla Urmet, è controllata da una misteriosa fiduciaria dietro la quale non si intravvedono i reali proprietari, se non i due uomini che la guidano: l’amministratore delegato Roberto Raffaelli e il presidente Alberto Chiappino. L’inchiesta è particolarmente delicata, perché riguarda il cuore delle indagini più difficili e ancora segrete in corso a Milano. Il primo segnale d’allarme sulla tenuta della segretezza nella Procura milanese scattò il 2 gennaio 2006, quando il Giornale della famiglia Berlusconi pubblicò il testo di un’intercettazione telefonica del luglio 2005, l’estate delle scalate, degli assalti dei “furbetti del quartierino” a due banche (Bnl e Antonveneta) e al gruppo editoriale del Corriere della sera. Era una telefonata destinata a diventare famosa: quella in cui Piero Fassino, allora segretario dei Democratici di sinistra, venne informato da Giovanni Consorte, presidente dell’Unipol assicurazioni, che la scalata di Unipol alla Bnl è riuscita. «Allora? Siamo padroni della banca?», chiede Fassino a Consorte nel corso della telefonata. Quell’intercettazione non era ancora stata trascritta. Neppure i magistrati titolari dell’indagine avevano a disposizione i verbali con il testo della conversazione. Dunque la fuga di notizie – un caso raro di vera violazione del segreto – è verosimilmente avvenuta trafugando il file audio della telefonata intercettata. Certo è che, nelle settimane successive alla pubblicazione, il clima della campagna elettorale in corso cambiò: il centrosinistra guidato da Romano Prodi, che secondo i sondaggi era avanti di una decina di punti percentuali sul centrodestra di Silvio Berlusconi, perse progressivamente il suo vantaggio, fino al risultato di quasi parità che uscì dalle urne nell’aprile del 2006. Con la conseguente situazione di debolezza del governo Prodi, che potè contare su una risicata maggioranza parlamentare. Ora sotto indagine sono due uomini della Research control system, che è una delle principali società che si occupa in Italia di intercettazioni. Business redditizio (un mercato da 300 milioni di euro l’anno), ma estremamente delicato, perché manovra materiale sensibile e determinante per le indagini giudiziarie. Gli uomini della Rcs sono stati iscritti sul registro degli indagati per «rivelazione e utilizzazione del segreto d’ufficio»: questo il reato contestato da Meroni, il quale si è evidentemente convinto che i due abbiano estratto illegalmente file segreti dall’hard disk che contiene gli atti più delicati della Procura milanese e i file audio ancora non rivelabili neppure alle parti coinvolte nelle inchieste in corso.

Resta ancora da accertare la destinazione del materiale risucchiato dal sancta sanctorum della Procura milanese. Era materiale da vendere al miglior offerente, documenti su cui cercare d’imbastire una rete di ricatti, oppure segreti cercati per informare i protagonisti sullo stato delle indagini, versione elettronica del furto su commissione?

I magistrati e gli investigatori si chiudono nel più stretto e risentito silenzio. Preoccupati che la pubblicità a questa vicenda, nel bel mezzo di indagini così delicate, non possa far altro che danneggiarle.

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