mercoledì 9 dicembre 2009

Ora la Piovra può riprendere la Fattoria

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 9 dicembre 2009

di Giampiero Calapà
(Giornalista)


È preoccupato Jacopo Armini, il giovane sindaco di Monteroni d’Arbia, comune del senese che ospita nei suoi confini la cosiddetta “Fattoria della legalità” di Suvignano, il più grande bene confiscato alle mafie tra centro e nord d’Italia: “Non accetteremo che Suvignano, confiscata solo un anno fa, possa ritornare nelle mani della criminalità organizzata, siamo pronti alla battaglia”. Si tratta di una tenuta appartenuta all’immobiliarista principe di Totò Riina e Bernardo Provenzano: 780 ettari, con tredici coloniche, una villa padronale, tre centri zootecnici, una chiesa e una casa canonica. Ma non solo, su quelle terre c’è un allevamento di 1800 ovini di razza sarda, 200 suini della pregiatissima cinta senese; e poi l’azienda agricola sotto amministrazione finanziaria demaniale, con nove dipendenti, per produzione di cereali, cinque ettari di oliveto, due agriturismi con 38 posti letto e due piscine.

Un patrimonio valutato tra i 25 e i 30 milioni di euro, che già negli anni Ottanta aveva attirato l’attenzione di Giovanni Falcone, il quale ne chiese il sequestro, poi annullato. Prima di esser sequestrato nuovamente quando Falcone era ormai morto, nel 1994, dopo l’arresto di Vincenzo Piazza, immobiliari-sta e tesoriere di Cosa Nostra, appartenente al clan del rione “Uditore”, condannato a sei anni per associazione mafiosa (con sentenza definitiva della Cassazione nel 1998) e “padrone” di Suvignano. Il tesoro di Piazza – che ha cominciato da garzone in un’officina meccanica prima di costruire la sua fortuna con i mattoni – consisteva a Palermo e dintorni anche in 64 palazzi, 2500 vani, 13 ville, 131 appartamenti, 122 magazzini, 10 scuole, 8 capannoni industriali, migliaia di ettari in campagna, 7 ville a Cinisi, e venti aziende facenti capo alle due holding immobiliari “Caravaggio” e “Leonardo Da Vinci”; oltre a 250 mila azioni della Banca Popolare di Trapani, l’8% dell’intero capitale sociale. I consulenti della Procura di Palermo stimarono il patrimonio totale di Vincenzo Piazza, morto lo scorso aprile a 78 anni, in una cifra superiore al miliardo di euro. Riciclava denaro, come rivelò Tommaso Buscetta, e lo facevano per lui due prestanome: gli Zummo, Ignazio e suo figlio Francesco, genero di Piazza. Gli Zummo sono stati arrestati nel maggio 2008, accusati di aver “occultato denaro proveniente da attività illecite riconducibili a attività di Cosa Nostra, su conti correnti bancari custoditi in paradisi fiscali”.

Suvignano era la residenza estiva di Vincenzo Piazza, indicato dai pentiti Francesco Marino Mannoia e Nino Calderone come “un imprenditore a disposizione degli amici”. A Monteroni, però, c’è anche chi ne conserva il buon ricordo di un uomo distinto e cortese, come afferma uno dei dipendenti dell’azienda agricola, Giovanna Bonomi: “La vita è troppo complicata, qui il signor Piazza si è sempre comportato bene, in modo irreprensibile nei nostri confronti”. Il sindaco Armini, invece, è su tutte le furie per la possibilità, introdotta dalla Finanziaria, di vendita all’asta dei beni confiscati alle mafie: “Un anno fa abbiamo presentato il progetto di gestione dell’azienda agricola, in collaborazione con Arci e Libera. Purtroppo – spiega Armini – la norma contenuta nella Finanziaria per i beni confiscati alla mafia complica tutto e agevola la criminalità organizzata nell’acquisto, viste le ingenti somme richieste (più di 25 milioni per Suvignano, ndr) e vista la possibilità di ricorrere a capitali esteri grazie a un altro “capolavoro” del governo, lo scudo fiscale”.

E’ esterrefatto il vicegovernatore della Toscana, Federico Gelli, che aveva candidato la regione all’assegnazione definitiva di Suvignano, assieme al comune di Monteroni e alla provincia di Siena: “In questo modo vengono aboliti i vincoli di uso sociale dei beni confiscati, un danno ulteriore per chi ha già subìto la presenza di attività e interessi della mafia”. Dal Pdl arriva l’appello di Fabio Granata, vicepresidente della commissione Antimafia: “Dobbiamo eliminare quella norma dalla Finanziaria, non ci deve esser possibilità per i privati di acquistare beni confiscati alle mafie”.

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