del 3 dicembre 2009
di Antonio Massari
(Giornalista)
L’onorevole del Pdl Elvira Savino s’interessava ai progetti del cassiere del clan e s’attivò persino al ministero. “La Savino”, scrive il gip di Bari Giulia Romanazzi, “era a conoscenza, quantomeno, della più importante operazione di reinvestimento degli illeciti capitali provenienti dalle attività delittuose di Michele Labellarte”. Non sappiamo se la Savino ne fosse consapevole, ma Labellarte, secondo l’accusa, era il principale riciclatore del clan Parisi. E aveva a cuore la costruzione di un campus universitario: “In seguito alla sua nomina a deputato (la Savino, ndr) si attiverà, su sollecitazione dell’amico Labellarte, a presentare il progetto al ministero dello Sviluppo economico e dell’Istruzione; dai quali otterrà una manifestazione d’interesse, utilizzata in occasione della pre-conferenza dei servizi
”
… .
L’affare universitario, come vedremo, coinvolge anche pezzi importanti del centrosinistra. L’inchiesta dell’Antimafia barese, condotta dalla pm Elisabetta Pugliese, che due giorni fa ha sgominato un clan storico, con 83 arresti e 129 indagati, dimostra ancora una volta l’assunto: la questione morale - al di là dei processi e dei gradi di giudizio – è ormai compiutamente trasversale. Lo dimostra l’entourage del “cassiere” Labellarte. Un esponente del Pd, l’ex vicepresidente della Provincia, avvocato Onofrio Sisto, gli avrebbe persino consigliato di rivolgersi a mafiosi più potenti. Nell’inchiesta in corso è indagato un noto avvocato legato al centrosinistra, Gianni di Cagno, esattamente come Sisto. E non solo. Intorno a Labbelarte si muove anche il centrodestra. Due donne molto vicine a Berlusconi - la Savino e l’attrice di fiction televisive Sabina Began – erano intestatarie d’un conto corrente bancario usato, in realtà, dal cassiere della mala. Delle due, soltanto la prima risulta indagata, ovvero l’onorevole Savino. Entrambe sono amiche di Gianpi Tarantini, il “ciclone” barese che ha scombussolato la vita del premier, presentandogli Patrizia d’Addario. Tarantini conosceva anche Labellarte. E quest’ultimo, in un’intercettazione dal significato incomprensibile, parlando con il luogotente di un boss, menziona proprio Berlusconi : “Adesso anche Intini (…). Forse non hai capito (…) ognuno ha da calcolare (…) quello Berlusconi (…) 100 milioni”. Il significato è incomprensibile. I nomi sono chiari. Ci si riferisce probabilmente a Enrico Intini, imprenditore molto vicino a Massimo d’Alema. Lo stesso Intini con il quale, Labellarte, contava di chiudere un affare milionario, con il parere contrario degli avvocati Di Cagno e Sisto. Lo stesso Intini che, alla fine dello scorso anno, accompagnava Gianpi Tarantini negli uffici della Protezione Civile, per conoscerne il capo, Guido Bertolaso, e tentare nuove opportunità di lavoro.
Che la questione morale non sia un’esclusiva del centrodestra, lo dimostra un altro fatto, e cioè l’accusa, per gli avvocati Di Cagno e Sisto, di “concorso in reimpiego di capitali illeciti”. I due avvocati avrebbero “concorso” con il cassiere del clan. Di Cagno, ex componente del Csm, vicino all’area d’Alema, è consigliere del cda de “Il Riformista”. Sisto è l’ex vicepresidente della Provincia di Bari in quota Pd. Entrambi compaiono nello scenario “dell’affare universitario” che premeva al riciclatore del clan. Erano muniti di un mandato professionale, conferito dalla Uniedil, la società titolare del progetto. Il socio di maggioranza di Uniedil è Sergio Martino, “prestanome per eccellenza di Labellarte”, secondo l’accusa. E Uniedil è la società “che Labellarte ha individuato per portare avanti l’affare relativo alla costruzione del campus universitario in cui convergono … anche gli interessi di Savino Parisi”. E Parisi è il boss della mafia barese.
“I due avvocati”, scrive il pm Elisabetta Pugliese, “erano a conoscenza degli inquietanti rapporti di contiguità di Labellarte con la malavita organizzata”.
“Gianni”, dice Labellarte a Di Cagno, “io sto braccato da queste persone, adesso sono braccato, io ve ne ho parlato anni fa … non sto bene … perché non è possibile, come diceva Onofrio, ‘andiamo da un altro più potente’, non esiste”.
“Onofrio” sarebbe l’avvocato Sisto. Scrive la procura: “Il tenore delle conversazioni che precedono è a dir poco inquietante per i due professionisti: sanno che Labellarte è ‘braccato’ da esponenti della criminalità organizzata e l’avvocato Sisto gli fornisce il singolare suggerimento di farsi proteggere da uno più potente (di spessore criminale superiore)”. Al di là della vicenda giudiziaria, quindi, siamo dinanzi a un consiglio accettabile, soprattutto se proviene da un esponente delle istituzioni?
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