del 16 dicembre 2009
di Giovanna Gueci
(Giornalista)
Una difficoltà in più, per chi è in condizioni economiche e sociali critiche, arriva dal mondo della giustizia. A rischiare il collasso, stavolta, sarebbero le difese d’ufficio e il gratuito patrocinio, meglio definito come “patrocinio statale in favore dei non abbienti”. Al punto che l’Associazione Nazionale Forense, sede di Roma, annuncerà oggi il ricorso alla Corte europea di Giustizia contro il blocco del pagamento degli onorari in favore di quegli avvocati che si dedicano alla tutela legale delle fasce più deboli della società.
“Sono migliaia le fatture non pagate dalla seconda metà del 2008 per mancanza di fondi – spiega il vicesegretario dell’Associazione Nazionale Forense, sede di Roma, Marco Lepri – e tutto questo è stato reso possibile con una legge statale”. “Mi spiego meglio – continua Lepri – avvocati, ma anche consulenti e operatori non sono stati rimborsati, nonostante abbiamo emesso fattura e pagato le tasse dovute. Il notevolissimo disagio a cui questi professionisti sono andati incontro ci ha spinto a iniziative drastiche: ci siamo rivolti al giudice di pace, dal quale abbiamo ottenuto decreti ingiuntivi contro lo Stato. Che sono però sospesi, diciamo non azionabili, perché nel frattempo è intervenuta la Finanziaria 2007 a bloccarli”. Insomma, il diritto a essere pagati esiste e lo ha riconosciuto un tribunale, ma i soldi non possono essere incassati, perché quei fondi sono finiti già dall’aprile del 2008. C’è chi parla di possibili “prestiti” in corso di definizione tra ministero della Giustizia e quello delle Finanze, senza che però nulla si muova.
Il rischio, oltre a quello del danno economico per molti professionisti che si dedicano quasi esclusivamente alle difese d’ufficio e al gratuito patrocinio, è quello ancor più grave che gli avvocati impegnati nell’assistenza legale di soggetti economicamente e socialmente deboli, possano cancellarsi dalle liste del gratuito patrocinio, facendo di fatto venir meno una delle maggiori garanzie costituzionali: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”, recita l’articolo 24 della Costituzione italiana. Tutti, cittadini o meno. E ancora: “La difesa è diritto inviolabile in ogni Stato e grado del procedimento”, tant’è vero, continua la nostra Carta, che “sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione”.
La voce di spesa del bilancio statale dedicata a questa parte della giustizia sembra invece da anni la più tartassata. “Abbiamo fatto un’indagine a Roma sulla ripartizione del capitolo ‘spese di giustizia’ – sottolinea l’avvocato Giandomenico Caiazza, presidente della camera penale di Roma – e ne è venuta fuori una fortissima sperequazione per quanto riguarda la destinazione dei fondi. Il rimborso di un consulente tecnico della procura, ad esempio, è molto meno penalizzato di quello che avviene per la fattura di un avvocato d’ufficio. A questo si aggiunge un ritardo nel disbrigo di queste pratiche che definirei endemico”.
Ritardi gravissimi dunque, e, quel che è peggio, mai verificatisi prima. Con un arretrato che coinvolge la lavorazione stessa delle pratiche di rimborso, che partendo dall’Autorità giudiziaria competente, si snoda attraverso un percorso a ostacoli che può durare anche due anni. “E’ ovvio che in questo modo si è dovuto purtroppo registrare il fallimento di alcuni aspetti della disciplina della difesa di ufficio in relazione con il dichiarato scopo di garantire l’effettività del diritto di difesa – osserva l’avvocato Paola Rebecchi, consigliere della camera penale di Roma e responsabile direttivo delle difese d’ufficio e del patrocinio statale in favore dei non abbienti – E’ indubbio che la difesa di ufficio non funziona come dovrebbe, ciò a scapito dell’indagato e imputato che, sfornito di difensore di fiducia, vede pregiudicato l’inviolabile diritto di difesa attraverso meccanismi perversi che devono necessariamente essere corretti”.
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