domenica 13 dicembre 2009

Scure sui fondi per le intercettazioni, l’ira dei procuratori

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 13 dicembre 2009

di Antonella Mascali
(Giornalista)


La notizia rivelata ieri da Il Fatto, e cioè che il governo alla chetichella ha inserito nella Finanziaria un emendamento per cui le procure da gennaio potranno effettuare le intercettazioni solo in base a un budget prefissato e ancora da stabilire, ha colto di sorpresa l’Anm, che non ne sapeva nulla. Il sindacato delle toghe in questi giorni, con i suoi tecnici, ne chiederà conto al ministero. I procuratori che hanno appreso dell’emendamento in Finanziaria, sono preoccupati perché, come ha spiegato ieri Paolo Mancuso, capo dell’ufficio di Nola “le spese di giustizia non hanno mai avuto un budget prefissato, in quanto è impossibile ipotizzare il numero e la durata delle intercettazioni, o delle consulenze necessarie in un’indagine”.

Contattato da Il Fatto, stenta a credere a una modifica del genere il procuratore di Salerno Franco Roberti, fino all’estate scorsa capo della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il magistrato fa prima una premessa: “Non c’è dubbio che le procure hanno l’obbligo di economizzare sulla spesa per le intercettazioni, ponendo estrema attenzione a fare soltanto quelle necessarie” e poi aggiunge: “Ma, specialmente per indagini in materia di criminalità organizzata, se dovesse essere introdotto dal ministero della Giustizia il tetto di spesa per le procure, sarebbe una pesante limitazione per l’attività delle intercettazioni. Bisognerà attendere di capire quale sarà il budget e come sarà distribuito tra i vari uffici, ma è chiaro che dovremmo fare scelte difficili e anche penalizzanti per le indagini. Verrebbero sacrificate molte inchieste. Mi sembra che questo emendamento sarebbe di dubbia costituzionalità. Una norma in questi termini, infatti, interferirebbe con l’obbligatorietà e la completezza dell’investigazione, che è strettamente connessa al principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale il cui esercizio deve, per legge, essere corretto, puntuale e uniforme”.

Parla di effetti deleteri, Dino Petralia, componente togato del Csm, della corrente Movimento per la Giustizia, la stessa di Giovanni Falcone: “Ci sono molti modi per incidere e condizionare i processi, uno dei più importanti è proprio questo: limitare le risorse per le intercettazioni, che è quanto di peggio possa esserci. Le intercettazioni sono il solo strumento rimasto effettivamente genuino in mano agli inquirenti”. Petralia ci spiega anche cosa potrebbe accadere: “Pensiamo a un’esigenza rilevantissima, che possa sorgere proprio quando sei al limite del budget. In questi casi, cosa succede? Ci si ferma e si rinuncia a proseguire le indagini? Impossibile. Altro discorso, ed è quanto molti procuratori che il Consiglio ha incontratostanno già facendo, è quello di contenere le spese, spuntando prezzi buoni con le ditte che noleggiano le apparecchiature”. Il consigliere rileva inoltre che non è stato interpellato il Csm: “Visto che anche una norma inserita in una Finanziaria, finisce per incidere sull’organizzazione degli uffici giudiziari, di competenza del Csm, anche su questa il Consiglio deve esprimere un suo motivato parere. Ma non è stato richiesto, almeno per ora”.

Proprio il Csm, in plenum, il 18 febbraio scorso, ha espresso un parere negativo sul disegno di legge sulle intercettazioni, approvato dalla Camera e adesso in commissione Giustizia al Senato. Per il Palazzo dei Marescialli rappresenta “un grave pregiudizio per le attività di indagine anche in settori particolarmente delicati e sensibili”.

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