domenica 13 dicembre 2009

Siamo innocenti lo dice la mafia

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 13 dicembre 2009

di Marco Travaglio
(Giornalista)


Mentre i Graviano, Berlusconi e Dell’Utri trattano ormai alla luce del sole, sotto i riflettori delle telecamere, senza più nascondersi dietro le quinte, mentre cioè il fuoriscena irrompe sulla scena politico-mediatica con una chiarezza solare, giornali e tv fanno a gara a chi nasconde meglio ciò che è impossibile occultare. I titoli dei quotidiani e dei tg sono esemplari. Corriere della Sera: “Il boss smentisce il pentito”. Il Giornale: “Paperissima in tribunale. Smascherato il bluff del pm”. Libero: “Ora tocca ai pm pentirsi. Sberla alle procure. Il boss Graviano in aula ridicolizza le rivelazioni di Spatuzza. Il castello di accuse contro Berlusconi crolla”. Oh bella: quando mai la parola di un boss mafioso non pentito diventa oracolo per sbugiardare quella di un mafioso che collabora con la giustizia accusando se stesso e i complici? Se così fosse, Falcone e Borsellino non avrebbero mai istruito un solo processo a Cosa Nostra, visto che tutti i boss han sempre “smentito”, “sbugiardato”, “smascherato” i pentiti Buscetta, Contorno e Calderone sui quali si imperniò il famoso maxiprocesso. Durante il quale, com’è normale in uno Stato di diritto, furono ascoltati i capimafia dell’epoca. Tutti, da Michele Greco a Pippo Calò, da Luciano Liggio a Vito Ciancimino ai cugini Salvo, vennero interrogati in aula. E tutti dissero che i pentiti che li accusavano si erano inventati tutto. Ma a nessuno venne in mente di prendere per oro colato le loro smentite autoassolutorie. Anzi, il fatto che i capimafia smentissero i pentiti rafforzò l’attendibilità dei pentiti medesimi. Infatti i boss furono tutti condannati. Lo stesso è accaduto nei processi di Caltanissetta e Firenze per le stragi del 1992-’93: decine di pentiti accusavano Riina, Bagarella, Aglieri, Biondino & C., questi smentirono e furono tutti condannati. A nessun giornale o tg venne mai in mente di titolare: “Riina smentisce Brusca, dunque è innocente”. E’ piuttosto arduo, del resto, trovare un delinquente irriducibile che confessa i propri delitti e chiede al giudice di condannarlo all’ergastolo. Eppure capita spesso che i delinquenti irriducibili vengano condannati all’ergastolo anche se si proclamano innocenti. Ora, essendoci di mezzo Berlusconi e Dell’Utri, la logica viene rovesciata, con grave sprezzo del diritto, e anche del ridicolo. “Ma davvero – si domanda sulla Stampa Francesco La Licata, uno dei pochi che non hanno ancora smarrito il ben dell’intelletto – qualcuno pensava che i Graviano, mafiosi ancora saldamente ancorati alla loro ‘ideologia’, si sarebbero consegnati alla magistratura, così, nel corso di un processo pubblico, senza nessun accordo preventivo e senza un ‘contratto’?”. Gli fa perfidamente eco Riccardo Barenghi nella rubrica “Jena”: “I boss mafiosi hanno salvato Dell’Utri e Berlusconi: detta così, come suona?”. Basta un paio di occhi aperti per vedere ciò che accade a cielo aperto in questi giorni mefitici. Eppure c’è chi fa di tutto per non vedere, confondere le acque, mescolare le carte. Non solo i turiferari prezzolati di Mr. B, ma anche gli osservatori “indipendenti”. Tipo il solito Sergio Romano, che sul Corriere sfida il principio di non contraddizione parlando di “discordanti testimonianze di Spatuzza e Filippo Graviano”, per concludere: “Ciò che conta, dal punto di vista processuale, è che il primo è stato smentito dal secondo”. E bravo l’ambasciatore. La Corte d’appello che sta giudicando Dell’Utri (condannato in primo grado sui racconti di una ventina di pentiti, riscontrati da intercettazioni e documenti neutri, con una sentenza infinitamente più dura delle parole di Spatuzza) prenda buona nota e tragga le debite conclusioni: siccome Spatuzza è smentito da Filippo Graviano, ma anche da Riina, Provenzano, Aglieri, Bagarella e altri attendibilissimi gentiluomini, allora Dell’Utri è innocente. Lo dice pure Minzolini, e persino Dell’Utri. Quindi dev’essere vero.

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