giovedì 10 dicembre 2009

B. HA L’ORECCHIO LUNGO (SUGLI ALTRI)

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 10 dicembre 2009

di Gianni Barbaceto
(Giornalista)


Un salone nella villa di Arcore, con un grande albero di Natale tutto bianco. È il pomeriggio del 24 dicembre 2005. Il padrone di casa, Silvio Berlusconi, è sprofondato in poltrona, con il capo reclinato all’indietro e gli occhi socchiusi. Suo fratello Paolo sta parlando con due ospiti arrivati da Milano. I due armeggiano con una chiavetta Usb e un apparecchio elettronico da cui escono alcune voci: la registrazione di un colloquio telefonico. Quando nel silenzio del salone si sente risuonare una voce inconfondibile, l’accento torinese di Piero Fassino (“Siamo padroni della banca?”), Silvio si scuote dal torpore in cui pareva sprofondato. Ascolta attentamente. È la telefonata del luglio precedente in cui Fassino, allora segretario dei Ds, veniva informato sulla scalata in corso alla Banca nazionale del lavoro. Ad aggiornarlo sugli ultimi avvenimenti era Giovanni Consorte, il presidente di Unipol, che si diceva sicuro di avere ormai conquistato la Bnl.

Questo incontro natalizio avvenuto esattamente quattro anni fa è il centro di una delicata inchiesta giudiziaria in corso a Milano. Tra gli indagati, i due interlocutori di Silvio e Paolo Berlusconi quel giorno a villa San Martino. Il primo è Roberto Raffaelli, manager della Research control system, azienda che realizza intercettazioni telefoniche per le procure italiane e che nell’estate 2005 aveva registrato anche quelle in cui a parlare erano i “furbetti del quartierino”, i protagonisti delle scalate a Bnl, Antonveneta e Corriere della Sera. La Research control system stava allora cercando appoggi autorevoli per avviare un business all’estero, in Romania (che poi non decollerà). Il secondo ospite di villa San Martino è un imprenditore amico di Raffaelli, rimasto impigliato in passato in brutte storie che gli hanno lasciato sul groppone un soggiorno in carcere e precedenti penali per bancarotta ed estorsione. Questo imprenditore, F.F., è all’epoca amico di Paolo Berlusconi. Tanto amico da essere tra gli invitati al matrimonio della figlia di Paolo, Alessia, ma anche socio di fatto nella Solari, l’azienda di Paolo Berlusconi che commercializzava i decoder tv del digitale terrestre.

Nel dicembre 2005, i file audio delle intercettazioni ai “furbetti”, non trascritti, segretissimi e inaccessibili agli stessi indagati, vengono riprodotti in più copie, messe a disposizione degli investigatori e dei magistrati milanesi che stanno indagando sulle scalate. Raffaelli pensa che quello sia il momento giusto: a quanto racconta F.F., gli chiede di metterlo in contatto con l’amico Paolo Berlusconi: “Ho un regalo di Natale per suo fratello”. Così nasce l’incontro ad Arcore, che si conclude, sempre secondo quanto racconta F.F., con grandi ringraziamenti e una “promessa di eterna riconoscenza”.

Non è poi chiaro che cosa sia successo in seguito. Ma è certo che sette giorni dopo, il 31 dicembre 2005, il Giornale di Paolo Berlusconi esce con il testo dell’intercettazione segreta. Titolo di prima pagina: “Fassino a Consorte: Siamo padroni di Bnl?”. Il Giornale torna poi sul tema il 2 gennaio 2006. È la svolta che fa cambiare il clima politico italiano: il centrosinistra guidato da Romano Prodi, che secondo i sondaggi era avanti di una decina di punti sul centrodestra, viene colto e mostrato nella sua compromissione con le scalate; comincia a perdere progressivamente il suo vantaggio, fino al risultato di quasi parità che uscirà dalle urne nell’aprile del 2006. Dunque il “regalo di Natale” a Berlusconi è stato davvero una strenna preziosa. Ma è stata poi mantenuta la “promessa di eterna riconoscenza”? No, secondo quanto racconta F.F. che, passato a riscuotere nel 2008, in un momento di difficoltà economiche, si sarebbe sentito rispondere: “Troppo tardi. È come se chiedessi il rimborso della benzina di un viaggio fatto due anni fa”.

È la verità? È quanto sta cercando di scoprire la procura di Milano, con indagini riservatissime, perquisizioni e interrogatori eseguiti dal sostituto procuratore Massimo Meroni. Il pm anzi, per prima cosa, sta cercando di verificare se davvero il “regalo” ci sia stato, o se il racconto sia solo un’invenzione di F.F. Questo personaggio, infatti, a partire dal 2008 ha cominciato a prendere contatti con diversi giornalisti di diverse testate, filogovernative e d’opposizione, a cui ha offerto la sua storia. Ha avuto contatti anche con lo studio di Niccolò Ghedini, che difende Silvio Berlusconi (e smentisce tutto). La Solari era naufragata e F.F. aveva bisogno di soldi. A un certo punto si presenta anche alla Procura di Milano e comincia a raccontare brandelli della sua storia. Promette in principio di spiegare come Silvio Berlusconi abbia salvato il fratello dalla bancarotta della Solari. Poi parla del “regalo di Natale”. Risultato: F.F. finisce sotto inchiesta per estorsione, mentre l’amico Raffaelli è sospettato di violazione del segreto, per aver trafugato il file audio dei “furbetti” che ha cambiato la storia d’Italia. La storia è contorta e intricata, come tutte le vicende che hanno a che fare con materiali segreti e spioni, professionali e improvvisati. In procura le bocche sono cucite e le facce scure per le fughe di notizie dei giorni scorsi. Sanno che in questa inchiesta non potranno fare il minimo errore.

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