del 13 dicembre 2009
di Sandra Amurri
(Giornalista)
Al termine dell’udienza del processo d’appello in cui è stato ascoltato il boss Filippo Graviano il senatore Dell’Utri dinanzi alle telecamere e ai microfoni di mezzo mondo – tra un attacco ai magistrati comunisti che vogliono sovvertire il voto popolare e ai media che sulla sua pelle alimentano la giustizia spettacolo – ha chiamato in causa come suo garante il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso: “Se volete sapere chi sono io, chi è la mia famiglia chiedetelo a Grasso. Mi conosce, sa chi sono. Con lui giocavo negli anni Settanta nella squadra di calcio palermitana Bagicalupo, dove ho conosciuto Vittorio Mangano a riprova che non era una squadra di mafiosi”. Parole che Grasso non lascia cadere: “Il solo rapporto, se lo vogliamo chiamare così, è stato quello di un ragazzo di 14 anni qual ero che aveva come allenatore Dell’Utri. Non so di quale famiglia parli. Il mio lavoro mi ha portato a conoscere solo famiglie mafiose” e su Mangano, aggiunge: “Il fatto che Dell’Utri lo abbia conosciuto alla Bagicalupo non vuol dire che l’abbia conosciuto anche io. Il senatore fa confusione. Io sono nato nel 1945, quando giocavo alla Bagicalupo eravamo nel 1959. Negli anni ‘70 a cui si riferisce il senatore, Mangano aveva 30 anni ed io ero già magistrato. In ogni caso è unaquestionechehogiàchiarito, ma sulla quale il senatore ritorna, chissà perché”. Una storia che fu proprio Grasso a raccontare per primo in un’intervista a Repubblica, appena nominato procuratore capo di Palermo, eravamo nel 2000,eilprocessodiprimogrado a Marcello Dell’Utri era in corso: “Sono stato allenato da Dell’Utri per poco più di un anno, poi mio padre, visto lo scarso rendimento scolastico mi disse: scegli tra il pallone e lo studio ed io abbandonai il campo di Resuttana”. Nel 2004, Dell’Utri durante il processo di primo grado, nel corso di dichiarazioni spontanee disse che Grasso era il solo al termine degli allenamenti ad andarsene con la maglietta pulita, quello che non si sporcava mai di fango. Risposta che Grasso affidò al libro intervista Pizzini, veleni e cicoria di Francesco La Licata edito da Feltrinelli: “Dell’Utri deve avere dei cattivi ricordi visto che quando tornavo a
casa mia madre mi sgridava sempre proprio a causa della maglietta sporca di fango, e un giorno mi disse: stai attento figlio mio che a furia di stare nel fango poi non si riesce più a liberarsene. Lasciai la Bagicalupo e continuai a giocare ma con amici scelti da me”.
Aggiunge Grasso che ha continuato a giocare a calcio ma con la Nazionale italiana magistrati. “Del resto Falcone mi raccontò che giocava a ping pong nella parrocchia del quartiere con Tommaso Spadaro, poi divenuto un mafioso contrabbandiere e trafficante di droga a significare che ognuno sceglie strade diverse, che si separano e poi nella vita possono incrociarsi di nuovo, facendo ritrovare i compagni di giochi in ruoli diversi, chi magistrato e chi imputato”. Tempi lontani quelli della Bagicalupo. Il presente registra un senatore Dell’Utri sollevato per la “smentita” di Spatuzza arrivata dal boss Filippo Graviano che ha detto di non conoscerlo e di non aver mai avuto rapporti con lui. Una smentitaclamorosa, procuratore Grasso! “In verità nessuna sorpresa e novità. I testimoni non hanno fattocheconfermarequellocheavevano già ampiamente ripetuto nel corso delle indagini. E del resto, che altro ci si poteva aspettare da mafiosi che non collaborano? La valutazione spetta ai giudici, qualsiasi giudizio è prematuro, però non si può non osservare che Spatuzza, almeno per la dichiarazione che coinvolge il senatore-imputato e il premier, non è stato smentito, ma soltanto non è stato riscontrato perché il solo che potrà smentire o confermare le sue dichiarazioni, in assenza di altri testimoni presentialcolloquio ,nonpuòcheessere Giuseppe Graviano, che fino ad ora si è rifugiato dietro un ermetico quanto minaccioso silenzio. Spatuzza, che da quasi due anni è in un regime di isolamento più afflittivo del 41-bis, che non ha colloqui nemmeno con la sua famiglia, che non ha mai richiesto benefici, interpretando il suo status come la giusta espiazione delle sue colpe, che ha scagionato colpevoli e accusato responsabili ancora in libertà, non ha mai detto che Filippo Graviano gli aveva riferito di conoscere o di avere rapporti diretti o indiretti con Dell’Utri, dunque, anche sotto questo aspetto, non si può dire che sia stato smentito.” Poi il procuratore ribadisce che “se è vero che è inusuale far affrontare a un aspirante pentito un dibattimento prima della conclusione delle indagini, è altrettanto vero che la scelta è stata resa necessaria per il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale che impone all’accusa di sottoporre al giudice tutti gli elementi emersi, sia a favore che a carico di un imputato, finché sia in corso il giudizio di merito anche in appello, se la Corte lo ritiene pertinente”.
Nessun commento:
Posta un commento