mercoledì 2 dicembre 2009

E il Cavaliere chiede una punizione "Gianfranco dovrebbe dimettersi"

Dal Quotidiano La Repubblica
del 2 dicembre 2009

di Francesco Bei
(Giornalista)


ROMA - "Di fatto ormai è fuori dal Pdl, ci si è messo da solo". Silvio Berlusconi è arrivato alla conclusione, per la prima volta, che il rapporto con Gianfranco Fini non sia più recuperabile. A Milano per l'incontro con il nuovo presidente dell'Ue, Van Rompuy, in realtà il premier è stato per tutto il giorno con la testa a Roma, dove esplodeva il caso del "fuorionda" del presidente della Camera.

Parole e considerazioni, quelle di Fini con il procuratore Nicola Trifuoggi, che il Cavaliere considera "inaccettabili", soprattutto in vista del 4 dicembre, quando il pentito Spatuzza sarà chiamato a deporre contro Marcello Dell'Utri. Per questo ieri il premier era una furia, deciso una volta per tutta a mettere Fini con le spalle al muro. Anche se il presidente della Camera, attraverso la mediazione di alcuni pontieri come Ignazio La Russa, aveva fatto arrivare al leader del Pdl la sua precisazione su quelle frasi catturate dal microfono. In particolare ci teneva Fini a chiarire di non essere al corrente di alcuna "notizia riservata", magari frutto di un qualche scambio di informazioni con le procure che lavorano sui rapporti tra mafia e politica. Ma questo non è servito a placare l'ira del premier. Raccontano che abbia convocato a via dell'Umiltà tutti i maggiorenti del partito, dai tre coordinatori ai capigruppo Cicchitto, Gasparri e Quagliariello. Non Italo Bocchino però, l'unico "finiano" rimasto nella compagnia. E in viva voce, collegato da Milano, abbia sfogato tutta la sua indignazione, dicendosi "disgustato" dalle parole del "co-fondatore" del Pdl: "Se ha dubbi morali su di me, si accomodi pure alla porta".

Nello sfogo il premier è arrivato a chiedere ai presenti di mettere politicamente in mora il "reo", fino a costringerlo alle dimissioni. Oltretutto quel magistrato con cui Fini appariva in buoni rapporti, tanto da lasciarsi andare a confidenze sulle inchieste in corso, è una vecchia conoscenza per Berlusconi. Si tratta di quello stesso Trifuoggi che 25 anni fa, insieme ad altri due pretori, cercò senza successo di interrompere le trasmissioni delle reti Fininvest.

Berlusconi stavolta è deciso ad andare fino in fondo. E non poco hanno dovuto faticare ieri i suoi per trattenerlo sulla soglia della rottura esplicita. Spiegandogli che "adesso non è il momento", che Fini potrebbe diventare un problema ancora più grande "fuori" dal Pdl che "dentro". Perché è dalle forche caudine di Montecitorio che dovrà in ogni caso passare qualunque legge o leggina-ponte per mettere Berlusconi al riparo dai processi milanesi. E ieri sera anche i finiani di stretta osservanza non escludevano più nulla, comprese rivalse parlamentari sui provvedimenti più delicati sulla giustizia. Insomma, il comunicato che alla fine è stato partorito a via dell'Umiltà e che porta la firma di Daniele Capezzone, in realtà sarebbe potuto essere ancora più duro contro Fini. Stando alle voci che filtrano dal Pdl, ci sarebbe stato un fitto scambio di telefonate tra il quartier generale berlusconiano e gli uomini di Fini, con questi ultimi impegnati ad ammorbidire la posizione ufficiale del partito. Una versione che non trova conferme a Montecitorio. Anzi, ieri Fini appariva tranquillo, convinto della sua buona fede. Dopo aver incontrato Luca di Montezemolo alla cerimonia per Telethon alla Camera, lasciando la sala della Regina, Fini ha sussurrato: "Non vedo tutto questo scandalo. Non capisco. Quelle sono le cose che dico sempre in pubblico e le ho ripetute anche in privato a Berlusconi".

Il Cavaliere tuttavia è convinto del contrario. Ha trovato "sconvolgente" ascoltare Fini mentre "parlava in modo così disinvolto del presidente del Consiglio con un magistrato conosciuto il giorno stesso". E quindi, nell'ottica del premier, ora Fini dovrà andare a Canossa. Compiere un atto pubblico di redenzione.

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