giovedì 10 dicembre 2009

Guardie svizzere a mezzobusto

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 10 dicembre 2009

di Marco Travaglio
(Giornalista)


Il Papa ha detto una cosa saggia, sul meccanismo di assuefazione indotto dall’overdose di notizie negative che tv, giornali, radio, Internet riversano sull’umanità: “Ogni giorno il male viene amplificato abituandoci all’orrore e intossicando le coscienze”. Giusta constatazione, nemmeno troppo originale: a furia di vedere orrori, ci si fa il callo, si diventa cinici, ci si sente “spettatori” e mai responsabili, mentre il disvalore di certi comportamenti evapora nelle coscienze. Naturalmente Benedetto XVI parla alla cattolicità universale. Pensa alle guerre, alle violenze, alla fame, a tutte le forme di sfruttamento. Potrebbe aggiungere che l’ossessione delle gerarchie per la morale, i divieti, gli anatemi e le scomuniche oscura spesso l’essenza del cristianesimo, che è resurrezione, redenzione, misericordia, perdono, gratuità, ma lasciamo stare. Poi un giornale, La Stampa, interpella i mejo direttori del bigoncio per un “commento a caldo” alle parole del Papa. E questi personaggini piccoli piccoli, il cui orizzonte non va al di là della buvette di Montecitorio, rispondono sui casi D’Addario e Marrazzo, come se il Papa non pensasse ad altro. Il più in forma è Bruno Vespa, dicesi Bruno Vespa, quello che racconta l’Italia come un film di Dario Argento e gl’italiani come un popolo di serial killer, avendo trasformato lo studio di “Porta a Porta” in un istituto di medicina legale dove si sezionano cadaveri, si effettuano autopsie, si periziano brandelli di organi a favore di telecamera, e nei momenti più lieti si sguazza fra i trans di via Gradoli e dintorni. Bene, quel Vespa lì congiunge le mani in preghiera e salmodia: “Il Papa ha perfettamente ragione. Qualche volta, in buona fede, rischiamo di amplificare le situazioni più scabrose”. Ecco, porello: lui non vorrebbe mai, ma poi, in buona fede, gli scappa ora un plastico, ora un cranio spappolato di bambino, ora un mestolo insanguinato, è più forte di lui. Feltri, colto sull’inginocchiatoio nel raccoglimento del vespro di mezza sera, turibola: “Parole sagge, speriamo che le ascoltino tutti. La vita pubblica si è inasprita e i giornali sono schierati”. Lui del resto, quando pubblicò la falsa informativa di polizia che dava del gay a Dino Boffo, già presagiva l’alto monito pontificio. Anche l’altro giorno, quando ha dato dei “picciotti” mafiosi ai ragazzi del NoB.Day, l’ha fatto per anticipare l’appello del Papa raccontando le cose buone che accadono in Italia. Poteva mancare, nella fiera del tartufo, un salmo di Augusto Minzolini? No che non poteva. “Il mio Tg1 – si macera il pio Scodinzolini, stretto nel tradizionale saio di frate penitente – fa già ciò che auspica il Papa: si veda come ha trattato le vicende delle escort e il caso Marrazzo con un profilo basso, da servizio pubblico. Se tutti si fossero adeguati, non saremmo qui”. Ecco, si veda. Per la verità, quelle che lui chiama “le vicende delle escort” lui le ha censurate, mentre il caso Marrazzo l’ha amplificato come non mai. Ma, si badi bene, non s’è trattato di censura, bensì di devozione preventiva all’ammonimento del Santo Padre. Se i telespettatori del Tg1 non sanno nemmeno chi è la D’Addario, non è perché entrava e usciva da casa Berlusconi, ma per evitare che le coscienze vengano assuefatte da un eccesso d’informazione che potrebbe abituarle all’orrore. Se gl’italiani sapessero che il premier che vuole sbattere in galera le prostitute e i loro clienti (escluso, si presume, se stesso) riceve prostitute a domicilio e poi le fa mettere in lista per le comunali di Bari, resterebbero intossicati dal meccanismo perverso dei mass media. Dev’essere per questo che quell’altra guardia svizzera di Antonello Piroso ha censurato su La7 il servizio di Silvia Resta sulle trattative fra Stato e mafia nel 1992-’93: per non addolorare vieppiù il Santo Padre.

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