giovedì 17 dicembre 2009

In un faldone di mille pagine la verità sulla scomparsa di due reporter in Libano

Dal Quotidiano La Repubblica
del 17 dicembre 2009

di Daniele Mastrogiacomo
(Giornalista)


ROMA - Potrebbe emergere da un faldone di mille pagine la verità sulla misteriosa scomparsa di due giornalisti italiani inghiottiti nel buco nero della guerra civile in Libano ventinove anni fa. Con una decisione importante, inedita e attesa con ansia dai familiari dei due reporter, la presidenza del Consiglio ha deciso di togliere il Segreto di Stato su mille delle 1200 pagine che compongono il dossier dei servizi segreti militari, l'allora Sismi, sulle ricerche di Graziella De Palo e Italo Toni, spariti improvvisamente nel nord del Libano il 2 settembre del 1980.

A distanza di quasi tre decenni ci sono concrete possibilità che anche questo caso, al centro di quel tacito accordo tra l'Olp di Yasser Arafat e i servizi segreti italiani, conosciuto come il lodo Moro per scongiurare attentati in Italia, si riesca a chiarire e a restituire un briciolo di verità alle famiglie dei due scomparsi. Grazie ad una serie di iniziative bipartisan da parte del sindaco Gianni Alemanno e del leader di Alleanza per l'Italia, Francesco Rutelli, la vicenda è stata riproposta a Palazzo Chigi che, dopo tanti rifiuti, ha deciso finalmente di rendere accessibile gran parte del carteggio tra l'allora capostazione dell'Agenzia in Libano, il colonello Stefano Giovannone e il suo capo, il generale Giuseppe Santovito.

Carteggio rimasto segreto ma che potrebbe offrire nuovi elementi di verità e quindi consentire di riaprire un processo archiviato per il decesso dei protagonisti ma chiaro nelle sue conclusioni finali: Graziella De Palo e Italo Toni, entrambi giornalisti free-lance italiani, furono rapiti da un gruppo che faceva capo ad al Fatah. Su invito della comunità palestinese, all'epoca esiliata in Libano, i due reporter a fine agosto del 1980 decisero di lasciare Berirut diretti al nord, verso il porto di Junieh, nel settore controllato dalle falange cristiano-maronite. Prima di partire avvertirono l'allora ambasciatore italiano, Stefano D'Andrea, al quale dissero: "Se non ci facciamo vivi entro due giorni, lanci l'allarme". Il 2 settembre il diplomatico non riceve più notizie della coppia e si attiva prima in Libano e poi con la Farnesina.

Presidente del Consiglio, in quel momento, era Arnaldo Forlani. E a lui si rivolge dopo qualche settimana di angoscia la famiglia di Graziella. I De Paolo vengono rassicurati: "Sappiamo dove sono e chi li detiene. Con le buone o le cattive ce li faremo restituire". Passano i giorni e le risposte di Palazzo Chigi sono sempre identiche. Fino a quando un giorno, il fratello della reporter, Giancarlo De Paolo, torna alla presidenza del Consiglio e munito di registratore si fa aggiornare sullo stato delle presunte trattative. Sul nastro restano incise una serie di promesse e di indicazioni che risulteranno poi essere totalmente false. Lo stesso nastro, sei mesi dopo, finisce in Procura a cui si rivolge la famiglia della reporter. Viene aperta un'inchiesta e finiscono sotto accusa sia il capo del Sismi sia il suo uomo a Beirut.

Entrambi, davanti a precise contestazioni e invitati a chiarire che fine avessero fatto i due giornalisti, oppongono il Segreto di Stato. Segreto che la presidenza del Consiglio, nel frattempo guidata da Bettino Craxi, conferma. Il blocco delle informazioni si sussegue ufficialmente fino a un mese fa quando viene revocato. Parzialmente. Il sindaco Alemanno si impegna in una battaglia per la verità, scrive diverse lettere a Palazzo Chigi, organizza una giornata di memoria, ottiene l'adesione di Francesco Rutelli. Il quale, in qualità di presidente del Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sull'attività dei Servizi segreti, preme sulla presidenza del Consiglio. Palazzo Chigi, dopo aver consultato Gianni De gennaro, responsabile del Comitato di coordinamento dei due nostri servizi segreti, stablisce che su 1200 pagine legate al caso, 1000 possono essere consultate dalle due famiglie e dai loro legali.

Aprire quel faldone potrebbe essere un momento imporante di verità per quegli anni. Un po' come è avvenuto con il processo ad Herick Piebke: anche in quel caso il processo fu possibile grazie alla scoperta di migliaia di documenti rimasti chiusi in un armadio che una manina o manona aveva abbandonato in una stanza d'archivio. Ma con le ante d'apertura rivolte contro il muro. "Siamo ovviamente soddisfatti", ci dice Fabio De Paolo, fratello minore di Graziella e oggi giudice civile presso il Tribunale di Roma, assistito dall'avvocato Tommaso Mancini. "Ma non vorremmo che questa svolta si riveli una vittoria di Pirro. Se i pregressi rapporti tra Olp e Sismi continuano a prevalere sulla verità della scomparsa di mia sorella, temo che avremo accesso solo ai documenti che ci vogliono fare vedere. Dubito che le 1000 carte oggi desecretate siano rivelatrici della verità. Ma potranno offrire nuovi elementi e far riaprire le indagini. Per noi l'Olp resta responsabile di un rapimento di cui non conosciamo neanche il movente. Questa è una verità giudiziaria ormai acclarata. A noi non interessa svelare o denunciare vecchi accordi internazionali. Noi cerchiamo solo la verità. Dopo 29 anni, tanti misteri e tanti depistaggi, ne abbiamo diritto. Vogliamo ancora credere nella giustizia".

Nessun commento:

Posta un commento