venerdì 29 gennaio 2010

ALFANO, MACCHIE SULLA GIUSTIZIA

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 29 gennaio 2010

di Bruno Tinti
(Ex Procuratore della Repubblica Aggiunto di Torino)


Domani si inaugura l’Anno Giudiziario; i giudici si presenteranno ai cittadini e spiegheranno come hanno lavorato, quanti processi hanno chiuso, quanti ne sono arrivati, quanti non sono riusciti a finire. Spiegheranno anche le ragioni per cui la giustizia è fallita; e cosa fare per recuperare produttività. Insomma, come deve fare ogni buon amministratore, presenteranno conti e faranno proposte. Anche il ministro della Giustizia si presenterà ai cittadini. E anche lui dirà ai cittadini perché la giustizia non funziona e cosa si è fatto e si dovrà fare per farla funzionare. Ed è noto cosa dirà: il governo da tempo si occupa di giustizia; ha fatto molte riforme e altre ne ha in cantiere; a interventi conclusi, tutto funzionerà benissimo. Sempre che un manipolo di magistrati politicizzati e comunisti, cui si oppone la stragrande maggioranza dei magistrati italiani, operosi e silenti lavoratori, non boicotti le riforme praticando lotta politica per via giudiziaria. Il che è inaccettabile, incostituzionale ecc. ecc.; ma il governo reagirà. Anche cosa diranno i giudici è noto. Il sistema giudiziario è organizzato malissimo: in particolare bisogna sopprimere un centinaio di piccoli e inefficienti tribunali, recuperando risorse umane, materiali ed economiche. I Codici di procedura civile e penale vanno sostituiti: sono costruiti per rallentare il processo e non per renderlo efficiente. E’ necessaria un’estesa depenalizzazione: non si può utilizzare un sistema così costoso e complesso come il processo penale per punire (con tre gradi di giudizio e procedure identiche a quelle usate per un reato di omicidio) guide senza patente, oltraggio a pubblico ufficiale, sosta con l’utilizzo di tagliandi di parcheggio falsificati, omesso versamento di ritenute Inps, soggiorno illegale nel territorio delloStato (pena prevista 10.000 euro) e tutta la sterminata platea dei reati bagatellari che sottrae tempo e risorse a delitti che pregiudicano l’economia e la sicurezza della nazione, dalla corruzione al traffico di stupefacenti. Ognuno vede l’abisso che divide le considerazioni dei magistrati da quelle del ministro. Eppure: dal 1989 a oggi lo stato della giustizia italiana è sempre peggiorato; e poiché le leggi non le fanno i magistrati né possono, loro, recuperare soldi e strutture; e poiché, nonostante questo, i dati di produttività dei giudici e dei pm italiani sono al primo posto tra i paesi dell’Unione europea nella classifica redatta dal Cepej (Commissione europea per l’efficienza della giustizia); non resta che concludere che la responsabilità del fallimento è tutta della classe politica che non ha saputo individuare ed applicare le riforme necessarie. Ora è comprensibile che Alfano, ultimo (forse il peggiore) dei responsabili del fallimento, manifesti disappunto per la pubblicizzazione degli errori che lui e i suoi predecessori hanno commesso. Soprattutto perché nemmeno di errori si tratta ma di complicità in riforme aventi il solo scopo di impedire che B&C siano processati e condannati per i reati che hanno commesso. Però, affermare che giudici in toga e con la Costituzione italiana in mano, se raccontano pacatamente quale sia lo stato della giustizia italiana, “macchino la giornata” (Alfano dixit) è certamente una… stupidaggine. Soprattutto se detta da un Guardasigilli che pare non rendersi conto che la vera macchia è la presenza, nel governo, nel Parlamento, nelle regioni, in ogni organismo politico, di delinquenti definitivamente condannati e di indagati e imputati per gravi fatti di criminalità.

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