martedì 26 gennaio 2010

GRILLO A OXFORD: “ATTENTI CARI INGLESI, STATE IMPARANDO TROPPO DA NOI”

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 26 gennaio 2010

di Leonardo Clausi
(Giornalista)


È antipolitica con la scritta “Export” sulla lattina quella di Beppe Grillo. Alla vigilia di un tour europeo che lo vedrà portare il suo show in giro per l’Europa (Germania, Francia e Svizzera seguono la serata di Londra, domani allo Sheperd’s Bush Empire) il comico genovese, definito “Italian activist” da Time Out London, è nella solenne Taylor Institution di Oxford per dare un assaggio dello show ma anche per discettare di “Internet e democrazia in Italia”. Il dibattito avrebbe dovuto svolgersi sotto la conduzione di John LLoyd, (reuters) contributing editor del Financial Times e di David Fogarcs, professore di italianistica al University College di Londra. Avrebbe dovuto, perché contenere Grillo è impossibile. “Quando parlo devo essere abbattuto, scherza”, e i due illustri personaggi hanno dovuto accontentarsi della panchina durante tutto lo show. Davanti a una platea di un centinaio scarso di persone, the “activist” parte a tavoletta. “Io sono solo un detonatore. Il movimento esisteva già, era pronto per formarsi. Noi non abbiamo bandiere, abbiamo idee, non ideologie. Io non sono un leader politico. Non ho l’anima, non sono capace, sono vecchio ho 62 anni, ho sei figli che mi tengono con i piedi per terra, ho la fedina penale sporca, non sono candidabile”.

“Siamo un virus”, dice Grillo, rivolto agli inglesi in sala. “Sono venuto ad avvisarvi perché il nostro mondo è pericoloso e voi state imparando fin troppo bene da noi. State attenti a noi italiani. Abbiamo inventato le banche, Mussolini, il fascismo. Abbiamo inventato il debito. Da noi la mafia è cambiata: è stata corrotta dalla politica”. È un fiume in piena. Le battute sono irresistibili e si susseguono a mitraglia: Berlusconi viene definito “colui che ama: faccia di Duomo è brutto. Il giudice Carnevale? Me l’ha consigliato Totò Riina”. Inframmezzano il racconto di quello che è diventato il suo movimento. “I cittadini sono tagliati fuori dalle istituzioni. La gente non conta più. Ma con la Rete cambia tutto. Io sono ottimista. Con la rete ogni click vale uno. Dai Meet up, le nostre liste civiche raccolte da trentenni incensurati residenti nelle rispettive città, sta arrivando il cambiamento, nonostante sia ignorato continuamente dalla stampa e dalla televisione di regime. Abbiamo 40 consiglieri in 32 città, come Bologna, Ancona, Ferrara Treviso, Brindisi, Reggio Emilia. Da sei mesi stiamo cambiando i comuni. Ciascuno di loro è un terminale di una rete, non un iscritto a un partito”.

La fede di Grillo nell’orizzontalità della Rete è assoluta: il fatto che contenga un mare magnum di roba indistinta, non lo turba. “Basta guardare a Wikipedia e a come si autogoverna”. I trentenni in sala gli fanno domande assai benevole, dandogli il destro per altre tirate, soprattutto sulla stampa italiana. “Tremorti va in Cina a vendere debiti… Siamo un paese in default… Sui giornali non esce nulla di quello che facciamo, perché sono quotati in Borsa e i padroni, si chiamano Caltagirone, Benetton, Montezemolo. Nel Corriere della Sera ci sono venti banche: come fa un giornalista a fare un’inchiesta su una banca che è anche il suo editore?”. E la sala applaude.

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