del 30 gennaio 2010
di Antonella Mascali e Lucio Musolino
(Giornalisti)
La Cassazione, dove si è inaugurato l'anno giudiziario generale, ieri sembrava una stanza sterilizzata dove non erano al bando i germi, ma alcune parole che erano nella testa di tutti e nei riferimenti di alcuni: processo breve e legittimo impedimento. Gli ultimi ddl ad personam che hanno portato alla protesta che ci sarà questa mattina alla cerimonia nei vari distretti. C'è stata però un'eccezione, le bacchettate ai magistrati sono state chiare e sono arrivate da più parti. Il procuratore generale della Suprema Corte, Vitaliano Esposito, ha detto che non sono più “tollerabili i contrasti tra foro e magistratura e tra magistratura e classe politica”. Il Pg ha fatto un'apertura apparente al processo breve, sia pure senza nominarlo: devono essere “accolte con favore tutte le iniziative volte a contenere la durata del processo entro termini ragionevoli”, ma – ha sottolineato Esposito - “ogni intervento in tale direzione, se non vuole produrre guasti maggiori, dei benefici auspicati, deve essere preceduto da una radicale riforma strutturale dei sistemi sostanziali e processuali, oltre che da un adeguato potenziamento delle risorse umane e materiali”. Esposito ha inoltre difeso le intercettazioni che il governo vorrebbe neutralizzare: sono “ invasive” ma “ utili per contrastare diverse forme di criminalità”. Un altro monito ai magistrati è arrivato dal primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, per il quale il governo potrebbe far approvare una legge per innalzare l'età pensionabile dai 75 ai 78 anni. ”La giustizia - ha detto - non ha bisogno di audience, ma di fiducioso rispetto...desta perplessità la partecipazione di giudici ai talk show televisivi ove si ricostruiscono delitti oggetto di indagini, e perfino di processi in corso, alla ricerca di una verità mediatica diversa da quella processuale”. Il primo presidente, come ogni anno, è stato costretto a denunciare la realtà disastrata della giustizia, per tempi e costi. E' sempre al 156° posto, perfino dietro Angola, Gabon e Guinea”. A causa della lentezza dei processi la finanza pubblica ha speso, in 3 anni, 267 milioni di euro per risarcire i cittadini. Una situazione, però, ha chiarito Carbone, che non si può attribuire “all'improduttività dei magistrati”, ma all'assenza di una riforma globale. Non si può lavorare sulla base di “ impostazioni contingenti, cui corrispondono conflittualità deleterie”. Unico riferimento a Berlusconi, senza nominarlo, l'ha fatto il vice presidente del Csm, Mancino: ”chi svolge attività politica...non solo ha diritto di difendersi... quando sia chiamato personalmente in causa, ma non non può rinunciare alla sua libertà di giudizio nei confronti di provvedimenti giudiziari. Ha però il dovere di non abbandonarsi a forme di contestazione sommaria dell'operato della magistratura”. Il ministro Alfano dal canto suo, al Csm, che ha bocciato i progetti di legge della maggioranza, ha detto: “i giudici sono soggetti soltanto alla legge, ma la legge la fa il Parlamento eletto dal popolo”. Ad ascoltare, tra gli altri, il presidente dell'Anm, Luca Palamara, che ha confermato la protesta di oggi nei vari distretti, quando i magistrati usciranno dalle aule durante l'intervento del rappresentante del ministero. Non a L'Aquila, dove sarà presente Alfano, “ perché – ha spiegato Palamara – non è un'iniziativa contro la persona”. In Abruzzo ci saranno solo i rappresentanti locali dell'Anm. Sulla protesta di oggi non tutti i magistrati sono d'accordo: c'è chi pensa che sia troppo, e chi troppo poco, ma Palamara ha negato che ci siano divisioni: ”L'Anm è la casa dei magistrati e domani( oggi, ndr) ci sarà una voce unica”. A Reggio Calabria, dove 3 giorni fa sono arrivati gli ispettori, dopo l'escalation di intimidazioni mafiose, sarà il pg Di Landro ad analizzare quanto ha compiuto la 'ndrangheta in queste settimane: l'ordigno piazzato davanti alla procura generale, le armi fatte ritrovare in via Ravagnese, dove sarebbe dovuto passare il corteo di Napolitano, il proiettile inviato al pm della Dda, Lombardo, titolare di numerose inchieste sui rapporti tra la ‘ndrangheta e la politica. Di Landro nella sua relazione dirà che è la reazione delle famiglie mafiose “al cambiamento di clima in alcuni uffici giudiziari, con una logica più incisiva nell’affrontare il fenomeno mafioso”. A detta del procuratore generale c'è in atto una sorta di “strategia della tensione. Gli attacchi sono mirati, rivolti ad obiettivi precisi, per ‘responsabilità’ precise”.
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