del 17 dicembre 2009
di Stefano Caselli
(Giornalista)
Attacchi di panico. Così Alessandro Dal Lago – docente di Sociologia all’Università di Genova – interpreta l’intenzione, annunciata dal ministro dell’Interno Maroni, di introdurre nuove norme per la regolamentazione del Web e la disciplina delle manifestazioni di piazza: “C’è un gruppo politico giustamente scosso dall’aggressione di Milano – dichiara Dal Lago – ma che dentro di sé ha una forma di intolleranza nei confronti di qualunque dissenso che lascia senza fiato”.
Professor Dal Lago, al di là delle norme che saranno proposte, che paese è quello che ha
paura del Web?
“Mi sembra un’ulteriore conferma di ciò che caratterizza l’azione di questo governo, mirare sempre di più a un controllo comunicativo, a un egemonia culturale che va al di là di ciò che la legge assegna all’esecutivo. Ci sono aspetti di questa cultura che potrebbero anche far ridere, se non ci fossero risvolti tragici. Penso ad esempio a quel gruppo di pidiellini di Treviso che chiede la ‘chiusura’ dell’Italia dei Valori e di Rifondazione, come se Rifondazione non si fosse già eliminata da sola”
Oscurare un sito per ingiurie, è stato scritto in questi giorni, sarebbe come chiudere un autogrill per scritte oscene sulla porta del bagno. È d’accordo?
“Onestamente non mi sembra un’immagine troppo azzeccata. Sulla rete si vede di tutto, chiunque può accedervi dicendo quello che vuole, in larga parte nascosto dietro l’anonimato. Tuttavia esistono già delle microforme di censura, penso ad esempio ad alcuni tipi di pornografia, ma qui siamo di fronte a qualcosa di completamente diverso: come faceva giustamente notare oggi (ieri, n.d.r.) un editoriale del Guardian, la pretesa di cancellare od oscurare siti Internet a causa di espressioni forti, magari ironiche, contro qualcuno, è semplicemente grottesca. Si dovrebbero chiudere migliaia e migliaia di pagine, e ce ne sono di veramente terribili. Nemmeno a Bush è mai passato per la testa di oscurare chi lo criticava o lo insultava pesantemente sul Web ai tempi della sua presidenza”.
Nel mirino del governo non c’è solo Internet, ci sono anche le manifestazioni di piazza…
“Questo è davvero un attacco di panico, sintomo di un’agghiacciante incultura politica. Nella prima Repubblica a nessuno sarebbe venuto in mente di bloccare la contestazione di un comizio democristiano , missino, comunista. Nei limiti della legalità, l’irrisione fa parte della tradizione democratica di qualunque paese, qui si vogliono abolire anche le pernacchie o grida come ‘buffone’. C’è una grave forma di intolleranza verso il dissenso in tutte le sue forme. Non si è mai visto in una democrazia occidentale un governo accusare organi di stampa e trasmissioni televisive, facendo nomi e cognomi. Si può considerare “Annozero” una trasmissione un po’ populista, essere o meno d’accordo con lo stile di Marco Travaglio, ma certe parole sono pietrate esattamente come quelle che si scagliano in faccia”.
Si parla tanto di “clima di odio” e si sprecano gli accostamenti con gli Anni Settanta, che effetto le fa?
“Mi sembra un accostamento ridicolo perché non esistono violenti conflitti sociali. Quale sarebbe il conflitto? Con gli operai, che è tornato di moda manganellare di tanto in tanto, con i centri sociali? Non scherziamo. Il vero conflitto è politico. Al di là del fatto che alcuni politici – mi riferisco a Di Pietro – dovrebbero essere un po’ più accorti quando commentano i fatti a caldo, mi sembra fuori discussione che l’aggressione di piazza Duomo sia un fatto isolato. Tuttavia, la contrapposizione frontale a livello politico è innegabile e secondo me esiste dai tempi del G8 di Genova del 2001. Ma chi l’ha innescata? Io non voto Berlusconi e – per dirne una – mi sono sentito dare del ‘coglione’. Cos’era? Una carineria? Un atto di gentilezza?”
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