del 17 dicembre 2009
di Luca Telese
(Giornalista)
La cerimonia del Ventaglio, per il presidente della Camera, è come il discorso di capodanno per il presidente della Repubblica: una giornata di titoli istituzionali garantiti a reti (e testate) unificate. Solo che - al contrario di quanto accade al Quirinale il 31 dicembre - i giornalisti, appena finisce il saluto ufficiale, possono inseguire - gioia rara - il presidente della Camera per tentare di strappargli qualche frase in più. E’ come giocare al gatto e il topo, anche se il gatto è lui. Ieri, con Fini abbiamo fatto così’.
Coccodrilli & internet. Immaginate la scena: Fini che scende per lo scalone dell’architetto Spada con passo regale, e dietro una folla di quaranta cronisti che alle proprie spalle pianta il gomito nella scapola del collega (impegnato a guadagnare spazio) e davanti sorride alla terza autorità dello Stato, e si ingegna a gettare ami che producano dichiarazioni salaci. In questi cento metri di deambulazioni nei meandri di Montecitorio, Fini è stato cordiale, sorridente, e marmoreo: ha scherzato sui coccodrilli nelle fogne di Roma (“Non sapevo che ci fossero, da dove arrivano?”), ha detto cose serie sulle libertà civili e sul diritto di manifestazione (“Non servono nuove leggi, ci sono già”), è stato abbottonatissimo sui rapporti istituzionali, e garantisticamente ecumenico sulle possibili limitazioni a internet e al diritto di contestazione (“Non sono io che devo dire cosa è legittimo e cosa no, spetta alle autorità di pubblica sicurezza”).
“Napolitano stella polare”.
Prima, nella sala del Mappamondo, durante il discorso ufficiale, Fini aveva cesellato le parole pensate, con molta cura, per i titoli di agenzia. Parla sotto un affresco a tinte scure, a tratti sembra anche lui come effigiato nella cornice caravaggesca. Dice che il presidente della Repubblica è “la stella polare”. Spiega: “Sarebbe sufficiente che i richiami di Napolitano fossero l'orientamento di tutte le forze politiche per compiere un significativo passo avanti”. E subito dopo: “Che il presidente della Repubblica abbia dovuto ripetere più volte il suo invito è segno che si è superato il livello di guardia”. Poi, scandita con calma, arriva la frase più importante della serata: "Non si possono attribuire responsabilità sul degrado del clima politico". Ma Fini è cauto. Ed infatti (dopo aver ricordato con una frase affettuosa il giornalista Gianni Pennachi, scomparso domenica) lascia cadere la considerazione caustica di Pierluca Terzulli, della stampa parlamentare: “Lei stesso è stato accusato da un ministro di aver rinfocolato le polemiche per le sue parole sul voto di fiducia...”. Nulla. Però chiude il discorso ufficiale con un’altra frase di sapore garantista: “Una democrazia è tale quando combatte ogni atteggiamento eversivo e riesce a garantire tutte le libertà, a partire dal massimo della libertà di espressione che uno dei suoi pilastri". Dal buffet alla piazza. Alla fine della passeggiata dietro al presidente della Camera - invece - giunti davanti al buffet, il vostro cronista si è ritrovato non si sa come in pole position (tra Fini e le tartine), insieme a una collega de l’Unità. Così inizio a raccontare dalla fine. Chi si aspettava un ritorno di dell’ex leader di An nei ranghi del Pdl e del lealismo berlusconiano è rimasto deluso dall’ennesimo distinguo. Fini non molla un centimetro , nè in via ufficiale nè in via ufficiosa. Ma anche chi si aspettava un (improbabile) nuovo strappo è rimasto deluso. Il numero due del Pdl si è mantenuto cauto. Mentre giornalisti e funzionari gradiscono il buffet, il presidente della Camera si concede qualche secondo con un calice in mano: “Lei ha mai avuto paura in piazza, durante un comizio?”. Sorriso minimizzante: “Avendo attraversato gli anni di piombo, più di una volta”. Pensa che sia necessario cambiare la legge? “Ho appena detto che non servono leggi speciali, bastano quelle che ci sono già”. Quindi nessuna limitazione aggiuntiva? “Si parla di estendere il divieto che è già previsto nei periodi di campagna elettorale. Se si trattasse di questo, non sarebbe la fine del mondo”. Ma che cosa considera contestazione illegittima? “Se si tratta di un cartello non vedo cosa ci sia di male. Se si lancia una pietra ovviamente sì”. E gli striscioni? “Spetta alle autorità di pubblica sicurezza”. E le limitazioni a internet? “Non credo che sia giusto limitare gli spazi di libertà offerti dalle nuove tecnologie”, dice il presidente. Ma subito dopo aggiunge: “Mi pare che Maroni abbia spiegato chiaramente che non ci saranno interventi di censura”. Il presidente va via. La battuta migliore: “Ho provato a far abbassare i termosifoni. Impossibile. A Montecitorio fa così caldo che nel mio studio devo lavorare con la finestra aperta”. E il clima politico? “Altrettanto caldo. Però non puoi aprire la finestra”.
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