venerdì 11 dicembre 2009

TETTO ECONOMICO ALLE INTERCETTAZIONI NON CI SARÀ “RIPIANAMENTO OBBLIGATORIO”

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 12 dicembre 2009

di Sandra Amurri
(Giornalista)


In attesa che il ddl sulle intercettazioni diventi legge, con conseguente gravissima compromissione di uno dei principali strumenti investigativi e relativa perdita di efficacia dell’azione repressiva degli organi investigativi – c’è chi ha parlato di vera e propria pietra tombale sulle indagini, comprese quelle di mafia –, il governo gioca d’astuzia e infila nella Finanziaria una piccola modifica delle tabelle di bilancio del ministero della Giustizia. Le spese per le intercettazioni telefoniche non andranno più a carico del capitolo 1360 (spese di giustizia), soggetto a ripianamento obbligatorio da parte del ministero dell’Economia, bensì a quello n. 1363, che – come si legge nella circolare inviata a tutte le procure – non avrà natura obbligatoria, con il non remoto rischio che in corso d’anno non si avranno più fondi da cui attingere .

Da gennaio le spese di intercettazione dovranno, pertanto, essere pagate traendo gli ordinativi di pagamento sui fondi che verranno accreditati. Non viene specificato né è dato conoscere di quanto sarà questo budget, né come verrà distribuito alle varie procure. Di certo i magistrati prima di ricorrere alle intercettazioni dovranno verificare l’esistenza dei fondi, e se i fondi non ci saranno, dovranno rinunciare ad indagare ascoltando in diretta i delinquenti o i mafiosi. Che è come chiedere a un chirurgo di iniziare a operare senza avere la certezza di avere il filo per suturare il malato. Si tenga conto altresì che il pubblico ministero è responsabile anche contabilmente delle spese che autorizza, e se non vi saranno i fondi disponibili potrà, in astratto, essere chiamato a risponderne dalla Corte dei conti. Ecco come la rivendicazione della lotta alla mafia nei talk show dei ministri Maroni e Alfano, che snocciolano catture dei latitanti e confische dei beni mafiosi, si riveli pura demagogia. Gli indiscutibili risultati portati a casa da questo governo sono arrivati anche grazie alle spese effettuate per le intercettazioni con il sistema vigente.

Intercettare vuol dire poter collocare una microspia nell’autovettura di un trafficante di droga per individuarne con sufficiente anticipo le mosse, identificare i suoi complici e sequestrare un carico di droga, individuare chi gli ricicla i soldi, e individuare i beni di cui dispone o che sta acquisendo. Significa potere individuare se un imprenditore che denuncia un’estorsione sta effettivamente collaborando con gli inquirenti, o magari sta cercando di nuocere a un concorrente. Intercettare nel corso di una indagine significa acquisire elementi probatori che non è possibile influenzare, intimorire, sminuire nella loro portata probatoria.

Ma dal prossimo anno i pm, prima di iniziare un’indagine che comporta la necessità di intercettazioni, dovranno prima chiedersi: ci arriverò con il budget? Tornando alla confisca dei beni mafiosi, se si considera che nell’ultimo anno, con le confische di una sola procura del meridione, lo Stato ha ampiamente compensato la spesa per le intercettazioni di tutte le procure d’Italia, si coglie tutta l’ipocrisia della tanto propagandata lotta alla mafia svolta da questo governo.

Un primo duro commento arriva dal procuratore capo di Nola, Paolo Mancuso: “E’ un macigno del tutto inaspettato. Le spese di giustizia non hanno mai avuto un budget prefissato, in quanto è impossibile ipotizzare il numero e la durata delle intercettazioni, o delle consulenze necessarie in un’indagine. Avere dei limiti prefissati equivale alla rinuncia preventiva a indagini che si presumono costose o alla rinuncia a quelle avviate e magari promettenti. Ora lo Stato anticipa, senza alcun tetto, le spese che recupera al termine del processo dalle tasche del condannato. Si tratta di una mossa che si inserisce in un più vasto programma per imbrigliare l’attività dei magistrati inquirenti che parte dalla limitazione sull’informatica, dallo svuotamento delle procure, dai progetti di modifica dei rapporti tra pm e pg il cui esito sarà la fine della sicurezza per i cittadini”.

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