martedì 15 dicembre 2009

Censura on-line I cattivi esempi

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 15 dicembre 2009

di Federico Mello
(Giornalista)


L’Italia non c’è in “Internet Enemies 2009”, il dossier di Reporter senza Frontiere sui paesi “nemici di Internet”. Ma ad ascoltare le dichiarazioni di molti esponenti politici all’indomani dell’aggressione a Silvio Berlusconi, non c’è da stare tranquilli per il futuro. Su Facebook in migliaia inneggiano a Massimo Tartaglia, il folle che ha ferito Berlusconi. Questi deliri hanno portato il ministro dell’Interno Roberto Maroni a una promessa che suona come una minaccia: “Nel Consiglio dei ministri di giovedì – ha dichiarato ieri – proporrò misure per il Web”. Senza chiarire ulteriormente le sue intenzioni.

Nel 2008, per Reporter senza Frontiere gli “Internet Enemies” sono dodici: Arabia Saudita, Cina, Cuba, Myanmar, Egitto, Iran, Corea del nord, Siria, Tunisia, Turkmenistan, Uzbekistan e Vietnam. Sono tutti paesi che hanno trasformato la grande Rete mondiale in una Rete nazionale, chiusa in sé stessa e dalla quale è difficile uscire. Sono inoltre paesi che mettono in atto misure sistematiche di repressione degli utenti della Rete. A Cuba il ministro dell’Informazione controlla un’agenzia che fissa i prezzi delle connessioni, la loro disponibilità e assegna le licenze. In Egitto, nel nome della lotta al terrorismo, sono nate varie restrizioni. Tre militanti che nell’aprile 2008 avevano organizzato uno sciopero su Face-book “una delle mobilitazioni più importanti degli ultimi anni” sono finiti in carcere per due settimane. In Iran le autorità hanno chiuso nel 2008 cinque milioni di siti Internet e sono numerosi i blogger detenuti in carcere. In nord Corea “il regime controlla ogni forma di comunicazione e di informazione” Internet compresa. E’ la Cina poi, ad avere il poco onorevole titolo di “capofila nella repressione mondiale su Internet” (nonostante il suo record per numero di navigatori). A Pechino, quasi 40.000 dipendenti del Partito comunista sono all’opera per monitorare i file che circolano in Rete. Il governo può automaticamente oscurare i contenuti che vengono considerati contrari ai principi dei partito-Stato: solo nel 2008 quasi 3.000 siti di news sono stati resi inaccessibili.

Ora, non è chiaro cosa si prepara in Italia. Angelino Alfano, ministro della Giustizia, ha annunciato ieri che sono in arrivo norme per sanzionare chi istiga ai reati online. “Penso – la dichiarazione di Alfano – che se l’apologia di reato o l’istigazione a delinquere avviene attraverso Internet va punito e sanzionato”. Con Maroni, aggiunge “stiamo studiando delle norme da proporre se è possibile già al prossimo Consiglio dei ministri per sanzionare il comportamento di chi istiga ai reati”. Questa dichiarazione fa a cazzotti con un’altra notizia: la Procura di Roma ha già aperto un fascicolo sui gruppi Facebook che esprimono solidarietà all’aggressore di Berlusconi. La procura procederebbe per istigazione alla violenza, sulla base di un’informativa inviata dalla polizia postale: si ipotizza che almeno una decina di questi gruppi abbiamo una forte connotazione violenta. Ma se già un fascicolo è stato aperto, è perché già l’attuale ordinamento punisce i reati, anche quelli online. Allora cosa prepara il governo, cosa preparano Maroni e Alfano? Per Guido Scorza, uno dei maggiori esperti italiani di diritto di Internet, potrebbe tornare d’attualità in tutta fretta la proposta di legge del senatore D’Alia, Udc, accantonata la scorsa primavera dopo una forte mobilitazione. D’Alia ieri è tornato a farsi sentire: “Il ministro Maroni – la sua nota – avrebbe potuto e dovuto prestare più attenzione alla norma da me proposta in Senato qualche mese fa, che consentiva l’immediato intervento sui contenuti illeciti dei siti Internet”. Cosa propone la legge D’Alia? Semplice: in base a una vaga “segnalazione della magistratura” il ministero dell’Interno può ordinare ai provider di rendere inaccessibili siti che “istigano alla violenza”, “a delinquere”, o fanno “apologia di reato” . Questa chiusura avverrebbe d’imperio,

aprendo un amplissimo varco alla discrezionalità dell’esecutivo. Inoltre la legge parla di “piattaforme” quindi se su Facebook un semplice commento risulta violento, a rischio chiusura sarebbe l’intero social network. Staremo a vedere se sono queste le norma a cui sta pensando il governo. C’è da augurarsi che il gesto sconsiderato di un folle, non ci trasformi in un paese “nemico di Internet”. Un paese lontano anni luce da tutti i paesi democratici.

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