domenica 13 dicembre 2009

Contro la scomparsa dei fatti

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 13 dicembre 2009

di Silvia Truzzi
(Giornalista)


Ci sono verità che si possono affermare solo dopo aver ottenuto il diritto di dirle. Senza scomodare la parresia, la libertà di dire ciò che si pensa, sommo bene per i Greci delle polis: qui si parla solo della libertà di raccontare i fatti, non le opinioni. Che penserebbe Cocteau della circolare del direttore generale Rai Masi che vieta le docu-fiction o docu-drama (ma non i plastici) su fatti oggetto di procedimenti giudiziari dalle trasmissionitelevisive?L’arteèunabugiache svela la verità: forse la docu-fiction è più artificio che arte. Non sottilizziamo . Arte o artigianato, le docu sono state bandite dal servizio d’ordine più efficiente d’Italia. Carlo Freccero, direttore di Rai 4, prova a portare il ragionamento fuori dal ring e a riflettere sul difficile equilibrio verità-finzione.

Freccero, cosa pensa del provvedimento annunciato da Masi?

Ho letto sui giornali che la disposizione dell’azienda fa riferimento a una decisione della Corte suprema. Io non la conosco e quindi posso soffermarmi solo sulla parte mediologica. L’introduzione nel programma Annozero della docu-fiction appartiene alla formazione professionale di Santoro. Non è un espediente adottato ora e con malafede. Santoro nasce professionalmente con RaiTre, la tv verità di Guglielmi. E a quella tv s’ispira. Penso a programmi come Chi l’ha visto, Io confesso, Telefono giallo. Si riteneva che la missione della tv verità fosse dimostrare il fatto accaduto. La verità rintracciata e denunciata. In assoluta contrapposizione con la tv del reality show di oggi, che mostra la televisione in diretta, nel suo farsi. E poco importa se quel che fa vedere sia vero o falso.

Anche con la fiction si può cercare la verità?

Cosa fa Santoro? Mostra i verbali. Nei talk show di oggi ci sono solo commenti, i fatti sono scomparsi. E quindi bisogna recuperare i fatti. Ormai i magistrati sembrano essere gli unici veri giornalisti, i giornalisti sanno fare solo i commentatori.

Nella società dei media per raccontare i fatti si deve ricorrere alla fiction?

Sì, se il giornalismo non sa più raccontareesilimitaachiosare.Lacosa interessante di Annozero sono proprio i fatti. Conosco il processo francese e anglosassone: è vietato entrare nei tribunali. L’immagine vera, che non si può fotografare o riprendere con la telecamera, viene rielaborata dalle graphic novel: è strano, no? Se il giudice italiano lo consente, invece, il processo può essere guardato. Da noi il giudice non è eletto dal popolo. Ed essendo togato si pensa in qualche modo che non sia influenzabile.

È peritus peritorum, secondo il codice.

Perché si ritiene che il giudice abbia la capacità di non essere minato e contaminato.

Stupefacente in un paese in cui i giudici vengono continuamente accusati di partigianeria e condizionamenti.

Sì, ma questo accade perché li si reputa scienziati. In questo senso si capisce perché i sondaggi possano condizionare le giurie popolari.

Molte contraddizioni in questa vicenda. La fiction strumento della tv-verità. E poi Santoro, uno tacciato continuamente di faziosità, che cerca di far parlare i fatti.

La verità processuale e la verità dei fatti sono due cose diverse. E questo Annozero lo mostra perfettamente. A Santoro sono molto utili i Mantovano e i Ghedini. Comunque la circolare di Masi mette in moto una discussione teorica sul concetto di docu-drama.

Parliamone. Cosa vuol dire drama?

Ci sono due letture. La prima è quella di drama come rappresentazione, e l’altra come drammatizzazione, quindi una versione tendenziosa dei fatti. Santoro si attiene alla prima definizione o alla seconda? Mi sembra che lui tenda alla prima, perché mette in scena i verbali.

Quel che fa paura è che Anno-zero rende, attraverso la docu-fiction, fruibili fatti e documenti altrimenti incomprensibilie inaccessibili al pubblico?

Se la rappresentazione non è tendenziosa è un precedimento corretto. È una lettura dei fatti e degli atti processuali in maniera televisiva. Tutto qui.

Ghedini in studio non obietta mai sui fatti ricostruiti.

Infatti. L’avvocato dà una lettura processuale. In tutto ciò, è chiaro che - come spiegano le leggi della Fisica - c’è sempre una perturbazione prodotta dall’osservatore sull’oggetto osservato. Un’azione reciproca. Se questa perturbazione diventa una drammatizzazione, il docu-drama diventa pericoloso. Ameparechegliattorilegganoesi attengano ai testi. Ma allora è quello che fa il cancelliere.

Anche il processo è una rappresentazione della realtà attraverso il rito. È una finzione, ricostruisce ex post fatti precedentemente accaduti.

Portando all’eccesso questo discorso allora anche gli atti processuali dovrebbero essere considerati non scientifici. Perché succede qualcosa anche quando il cancelliere trascrive. Non è possibile mostrare la verità a grado zero. Mai.

La televisione è uno strumento di democrazia?

Io credo che la televisione sia uno strumento di manipolazione. Il gioco del voto e del consenso rende la manipolazione intrinseca alla democrazia. Ma ci devono essere regole perché la manipolazione sia uguale per tutti. Poi la televisione ha una cosa in più. Nel 99 per cento è naturalmente falsa. Però ha dei momenti di verità assoluta. Sono rarissimi, ma sono definitivi. Può capitare che per errore la tv restituisca una verità accecante. Nelle guerre ci sono state, malgrado le censure fortissime, capita sempre un momento di incidente, di non controllo. E allora quella verità, la verità delle braccia spezzate dei soldati, diventa definitiva. È lo stesso meccanismo di Paperissima. Un incidente, un momento di verità assoluta nell’intrattenimento.

Il Giornale di oggi (ieri per chi legge, ndr) titolava “Paperissima in tribunale”.

Come dicevo, momenti di verità che diventano clamorosi.

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