venerdì 18 dicembre 2009

“Dalla politica mi aspetto di tutto, sono attenti solo alle poltrone”

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 18 dicembre 2009

di Elisabetta Reguitti
(Giornalista)


Tra i padri fondatori, 20 anni fa, della Lega nord a solitario, oggi, del gruppo misto a Palazzo Marino a Milano. Giancarlo Pagliarini, classe 1942, già ministro al Bilancio della Programmazione economica nel 1994 durante il primo governo Berlusconi. Nel gennaio 2007, dopo il Congresso della Lega Lombarda, ha lasciato la Lega.

Come commenta l’arresto del

suo ex compagno di partito leghista e oggi assessore regionale in quota An Pier Gianni Prosperini?

L’ho conosciuto nel 1990 e abbiano lavorato insieme. Definirei il mio commento “religioso” nel senso che quando ho sentito la notizia ho esclamato solo “O Signur!” Non mi spingo oltre perché non conosco la faccenda. Vediamo cosa succede. Di certo, però, in linea generale dalla politica mi aspetto di tutto.

Si parla di tangenti e corruzione, peraltro in una Milano politica attraversata da inchieste giudiziarie che spaziano dall’ambito

ospedaliero a quello delle infrastrutture.

Io credo che la questione morale non dovrebbe esistere all’interno del dibattito politico. Mi riferisco sia al Pdl sia al Pdl senza la “L” come dice Beppe Grillo. Chi viene eletto per governare non dovrebbe tanto preoccuparsi dell’unico obiettivo prioritario rappresentato dalla rielezione e dal compiacimento delle “lobby”. La politica dovrebbe piuttosto occuparsi di governare per il bene pubblico. Abbandonando il resto, comprese le cariche. So di sembrare piuttosto teorico e magari anacronistico, però, quando è toccato a me, ho agito secondo questa logica. Quando nel 1994 sono stato nominato – non senza grande sorpresa – ministro al Bilancio mi sono dimesso pure dalla carica di presidente del Rotary. Non è una battuta. Ho rinunciato a tutte le mie cariche, sia pubbliche sia private, perché, assumendo il ruolo di ministro, ritenevo fosse giusto e coerente così. Allora ero revisore dei conti e il mio lavoro lo facevo piuttosto benino. Controllavo 16 diverse società che sono passate di mano ai miei dipendenti ai quali ho pure chiesto di cambiare la denominazione per non indurre le persone a rivolgersi a loro perché nella denominazione figurava il cognome di un ministro.

Dal suo punto di vista come si pone la Lega, oggi partito di governo, che però ai suoi albori di movimento di popolo scendeva in piazza per sostenere “Mani Pulite”. O meglio: la Lega, secondo Lei, alla luce dei recenti arresti, non ha paura di sporcarsi le mani?

Personalmente la vicenda “Mani Pulite” non mi aveva particolarmente “eccitato” in quanto, come dicevo in precedenza, il mio concetto di politica è sempre stato quello di giocare pulito. La Lega oggi è un partito come gli altri. E’ un po’ meglio solo perché la sua base crede ancora negli ideali veri di un federalismo che faccia crescere il paese. Non certamente quello approvato dal governo – con il voto di astensione del Pd –. Non esiste che le regioni vengano premiate o no dal governo centrale. Il vero autonomismo è soprattutto un atteggiamento di autoresponsabilità rispetto alle risorse e alle scelte di governo. Il modello Svizzera insegna. Chi fa politica a Roma le mani, direttamente o indirettamente, se le sporca comunque.

Sono di questi giorni le candidature alle regionali. Umberto Bossi ha lasciato lo scranno della Lombardia a Roberto Formigoni. Dal suo punto di vista quali sono i rapporti tra Lega e Comunione e liberazione, considerato a tutti gli effetti un potere monopolistico dei gangli nevralgici del sistema lombardo?

Tra la Lega e Cl è una dura lotta quando si tratta di poltrone da occupare. Diciamo che forse alla Lega è convenuto di più lasciare la Lombardia e concentrarsi su altro.

Lei oggi di cosa si occupa?

Lavoro nel gruppo misto assieme ad altri validi colleghi. Ho fondato un’associazione con la quale in modo assolutamente gratuito giro l’Italia promuovendo i concetti del vero federalismo e intanto aspetto la primavera: mi tengo pronto per le regionali. Sono in molti a non voler una politica fatta né dal Pdl né dal Pdl senza “L”.

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