venerdì 4 dicembre 2009

DIVERSAMENTE IMPUTABILI

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 4 dicembre 2009

di Bruno Tinti
(Ex Procuratore della Repubblica Aggiunto di Torino)


L’ultima esternazione del presidente della Repubblica (“E’ indispensabile… che quanti appartengono alla istituzione preposta all’esercizio della giurisdizione si attengano rigorosamente allo svolgimento di tale funzione”) mi ha fatto molto arrabbiare. E’ ora di finirla, ho pensato, con questa storia dei magistrati che conducono una lotta personale contro la politica e in particolare contro la maggioranza che governa. Non è vera e Napolitano lo sa: ci sono processi per gravi reati commessi da uomini politici. L’“istituzione preposta all’esercizio della giurisdizione” li celebra “rigorosamente”, come fa con ogni altro processo. Il monito è stato inopportuno. Poi ho riflettuto meglio. Altro che inopportuno. Napolitano ha fatto di peggio: ha condiviso la tesi dei politici in fuga dai processi. Ha detto: “Va ribadito che nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia della maggioranza del Parlamento, in quanto poggia sulla coesione della coalizione che ha ottenuto dai cittadini-elettori il consenso necessario per governare”. Ha detto cioè che è il processo in sé, quando celebrato nei confronti del politico, a essere eversivo: perché è in contrasto con la volontà popolare. E tra legalità ed eguaglianza dei cittadini davanti alla legge; e rispetto della sovranità popolare con conseguente impunità dell’eletto; è il secondo principio che deve prevalere. Così voglio provare a discutere di questa nuova teoria, che avrebbe fatto inorridire i miei maestri all’università, come fosse una cosa seria, verificandone le possibili conseguenze. La volontà popolare è il principio supremo: nulla deve impedire all’eletto dal popolo di svolgere il suo mandato. Supponiamo che l’eletto dal popolo sia un serial killer: lo è stato in passato e anzi sfrutta la sua posizione per uccidere ancora. Il consenso popolare dovrebbe consentirgli l’impunità per gli omicidi commessi? Peggio, dovrebbe facilitargli ulteriori omicidi impedendo che si accerti, nel rispetto della legge e con le dovute garanzie processuali, se li ha davvero commessi e se ne sta progettando altri? Gli interessi supremi del paese in funzione dei quali “nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia della maggioranza” sarebbero tutelati da un serial killer? E se la risposta fosse negativa, non sarebbe necessario allontanarlo dal governo del paese? Attenzione, questa ipotesi non è per nulla paradossale: se Riina si presentasse alle elezioni in Sicilia, raccoglierebbe certamente moltissimi voti; e se mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unissero le loro risorse per garantire l’elezione di uno dei loro a qualche elevata carica istituzionale, avrebbero molte probabilità di riuscire nel loro intento. Se il consenso popolare dovesse prevalere su ogni altro principio, e in particolare su quello dell’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, l’eletto Riina e i suoi compari potrebbero governare il paese, perseverando impunemente nella loro attività criminosa. Non credo ci sia qualcuno che possa sostenere questa tesi. Ma in Italia non ci sono serial killer al governo. Speriamo che sia così. Allora vediamo quale tipo di delitti potrebbero portare a pensare che sì, il consenso popolare… ma forse meglio non insistere. Un eletto dal popolo che abbia commesso o continuasse a commettere violenze sessuali, magari su minori; o corruzioni, falsi in bilancio e frodi fiscali per arricchire se stesso e i suoi amici; o anche accordi con la criminalità organizzata, per garantirsi sicurezza, prosperità e prolungata carriera politica; questi reati sarebbero sufficientemente gravi da autorizzare un accertamento giudiziario? E, se accertati, inciderebbero sull’idoneità dell’eletto dal popolo a governare il Ppaese? Insomma, quali reati sono incompatibili con il consenso popolare? Perché la teoria avrà pure qualche eccezione; altrimenti anche Mussolini e Hitler avrebbero governato legittimamente per via dell’indubbio consenso popolare che li circondava. E invece proprio il fatto che non sia mai stato possibile processarli per i loro crimini e che abbiano potuto governare nonostante li avessero commessi dimostra quanto sia pericoloso sovrapporre questo principio a quello dell’uguaglianza della legge per tutti i cittadini. Io sono cresciuto nella convinzione che “se al mondo ci fossero solo due uomini e questi uomini fossero San Francesco e Santa Chiara, il diritto starebbe tra loro a indicare quello che è giusto” (Barbero, Manuale di diritto civile, UTET, 1954). E’ troppo chiedere a un professore universitario più vecchio di me di ricordarsene?

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