venerdì 11 dicembre 2009

E il Cavaliere sfida il Quirinale "Usano i pentiti? Io vado al voto"

Dal Quotidiano La Repubblica
del 11 dicembre 2009

di Liana Milella
(Giornalista)


ROMA - "Lo grido io, a tutto il mondo, chi sono. La sinistra mi butta addosso gli Spatuzza e i Graviano? E io mi rivolgo al popolo, vado alle elezioni, e stravinco ancora una volta. Nel nome di Berlusconi. Nel mio nome". Non era voce dal sen fuggita quella del Cavaliere a Bonn. Era voce pensata e calibrata. Studiata a tavolino. Contro le colombe che lo invitano alla prudenza e lavorano per ricucire il rapporto lacero con Fini e con Napolitano il premier strappa la tela e alza la voce. Da una settimana Berlusconi ha annusato l'aria e ha scelto la via della prova di forza. Scioccato dalla performance del pentito Spatuzza, preoccupato per quella di Graviano, anche se il suo avvocato Niccolò Ghedini continua a dirgli che "in quelle carte non c'è niente per cui preoccuparsi", il Cavaliere ha ordinato ai suoi di forzare ovunque la mano. Il Guardasigilli Alfano si esibisce con il ministro dell'Interno Maroni sui miracoli del governo contro la mafia, ribadisce che "sul processo breve si va avanti". E lui parla a Bonn, aggredisce la Consulta e l'attuale presidente della Repubblica con i suoi due predecessori, domenica già pregusta il bagno di folla nella sua Milano, in piazza Duomo, per la festa del tesseramento.

Avanti, da solo, contro tutti. Come dice ai suoi il leader dell'Udc Casini, che è già pronto a ritirare le aperture sul legittimo impedimento perché non ci sono più le condizioni sufficienti, "ormai Berlusconi ha avvicinato al massimo a sé la riga entro cui deve mantenersi chi sta dalla sua parte". Gli altri sono fuori. A cominciare da Napolitano e Fini, se i due non faranno quello che il premier pretende come dovuto. Ovviamente le leggi per salvarlo dai processi passati e futuri. Per questo nella sede Ppe Berlusconi provoca volutamente il capo dello Stato. La sua è una minaccia chiara, che il presidente intende assai bene, e che respinge con uguale forza e fermezza. Per certo, dopo quello che già chiamano "l'editto di Bonn", è in crisi nera il rapporto tra i due palazzi. Napolitano ha parlato sia con Bersani che con Casini, si è reso conto che i suoi tentativi per ricucire un dialogo sulle riforme sono finiti in pezzi e che la prospettiva di uno scontro diretto con il Cavaliere si fa sempre più prossima. Un Cavaliere che spadroneggia, mentre le opposizioni si indeboliscono.
Il ciclone Berlusconi si abbatte su un presidente della Camera che decide di vestire del tutto i panni di terza carica dello Stato. Quando Fini legge le agenzie telefona subito a Napolitano. Dice ai suoi: "Sappiamo come la pensa, ma un premier non può parlare in quel modo e in quel contesto". E ancora: "La mia richiesta di chiarimento è doverosa sul piano istituzionale, la faccio nel pieno di questo ruolo e non certo come uomo politico". Poi un amaro commento: "La verità è che Silvio sta distruggendo tutto".

Ma il Cavaliere vuole per sé due leggi, il processo breve e il legittimo impedimento. Le vuole al più presto. Stavolta dal Quirinale e da Fini non ammette sorprese. Li avverte entrambi. "Io vado avanti. Se Napolitano non firma sappia che la mia reazione sarà identica a quella di oggi. Se insiste mi rivolgerò direttamente ai cittadini, sono pronto ad andare al voto e agli italiani chiederò di darmi il via libera per cambiare completamente la Costituzione". Se la prende con la Consulta, giusto l'istituzione che Napolitano prima e Fini poi difendono.

A chi, nell'ultima settimana, a provato a convincerlo che sarebbe meglio rinunciare al processo breve per puntare tutto sul legittimo impedimento, Berlusconi ha risposto con un secco niet: "Li voglio tutti e due, e basta". Subito il primo, incardinato al Senato, per concentrasi poi sul secondo, che sta alla Camera, dove teme l'azione frenante del duo Fini-Bongiorno. Della presidente della commissione Giustizia Giulia Bongiorno non fa che parlare male perché la considera l'ispiratrice delle uscite giudiziarie di Fini. A cui addebita anche, per il tramite di Napolitano, l'ultima stroncatura del Csm sul processo breve. Un parere che gli ha fatto cadere gli ultimi dubbi sulla possibilità di bloccare il processo breve.

Fini, Napolitano, Casini, il dialogo a sinistra. Eccoli, in fila, i "nemici" del Cavaliere. Tutti quelli che lo invitano al dialogo, alla politica delle riforme condivise, ma poi alle sue spalle si augurano che siano i pentiti a sbalzarlo di sella. Per questo il premier dice ai suoi: "Voglio quelle due leggi e non voglio essere costretto a pagare un prezzo alla sinistra. Non tratto con Bersani e non cedo nulla a chi mi attacca ogni giorno. Contro tutto questo ho diritto di difendermi ovunque, soprattutto all'estero".

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