mercoledì 2 dicembre 2009

FORMIGONI E LO SMOG PROVE TECNICHE DI INDAGINE

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 2 dicembre 2009

di Gianni Barbaceto
(Giornalista)


Eccolo, eccolo. Il tanto desiderato, agognato, scongiurato avviso di garanzia al presidente Roberto Formigoni è arrivato”. Il “Celeste” dà l’annuncio con enfasi, sventolando il foglio arrivato dalla Procura di Milano. Lo agita platealmente, tenendolo con due dita, in piedi, davanti ai giornalisti convocati d’urgenza per un’improvvisata conferenza stampa. Poi si siede, per le spiegazioni e per le polemiche del caso. Ma è sorridente, ironico, sollevato. Era ben altro l’avviso di garanzia a cui tutti avevano pensato: è lo scandalo delle bonifiche a far tremare da settimane la politica lombarda, dopo l’arresto, il 20 ottobre scorso, dell’imprenditore Giuseppe Grossi. Invece l’avviso ricevuto ieri dal presidente della Regione Lombardia, ma anche dal sindaco di Milano Letizia Moratti e dal presidente della Provincia Guido Podestà, riguarda l’articolo 674 del codice penale: “Getto pericoloso di cose in luogo pubblico”, dice sprezzante Formigoni, cercando di buttarla in barzelletta. In verità quell’articolo riguarda, più in generale, l’inquinamento del suolo e dell’aria e allora l’avviso di garanzia è un atto dovuto dal momento che Regione, Provincia e Comune non hanno fatto nulla per impedire il superamento dei limiti di smog previsti dalla legge.

Ma il Formigoni-show è stato fatto avendo presente ben altro che l’esposto del Codacons all’origine di questa inchiesta. Il “Celeste” ha fatto la prova generale di altre vicende, ha messo le mani avanti su ben altre questioni. “Finalmente hanno trovato il modo di incastrare il presidente della Regione. Vuoi vedere che è perché siamo in campagna elettorale?”. Altro che polveri sottili, però.

La conferenza stampa era tutta giocata sull’anticipo delle eventuali ripercussioni sul Pirellone dello scandalo Grossi. Una vicenda di aree inquinate con bonifiche fatte tardi e male, con fatture false e gonfiate che hanno prodotto 22 milioni di fondi neri, e soprattutto con una corona di politici di cui si devono capire le responsabilità. Già coinvolto, anche se formalmente non indagato, uno degli uomini più vicini a Formigoni, il parlamentare Pdl Giancarlo Abelli, titolare con la moglie, Rosanna Gariboldi , di un conto a Montecarlo su cui passavano i soldi di Grossi.

Ora gli investigatori stanno cercando di chiarire le tante cose che non quadrano, nella storia delle bonifiche. Perché la Regione interviene più volte in sostegno di Grossi. Per l’area Sisas di Rodano-Pioltello, Formigoni e il suo assessore all’Ambiente Massimo Ponzoni garantiscono uno stanziamento di 44 milioni. Per l’area Santa Giulia di Milano fanno anche di meglio. I terreni erano stati venduti da Edison spa all’immobiliarista Luigi Zunino con l’impegno che sarebbe stato il venditore, cioè Edison, a sostenere i costi di bonifica. Zunino aveva subito girato l’affare all’amico Grossi. Edison era tranquilla: aveva in parte già ripulito l’area. Ma quando Zunino presenta il suo piano al Comune di Milano, gli entusiasmi si gelano: l’ufficio bonifiche comunale fa presente che nel frattempo la normativa è cambiata e i parametri da rispettare sono diventati più rigorosi. Dunque è tutto da rifare: il lavoro e, soprattutto, i conti.

A questo punto, interviene però la Regione Lombardia: stabilisce che per Santa Giulia non si devono applicare le nuove regole. È sufficiente non una vera bonifica di tutta l’area, ma un semplice “piano scavi”, che riguarda solo il terreno smosso dai lavori. E questo alla faccia dei parametri più rigorosi entrati nel frattempo in vigore e dei veleni accumulati nell’area, dove la Montedison ha prodotto per anni pesticidi e prodotti altamente inquinanti. La Regione di Formigoni salva Edison e Zunino da nuovi esborsi per mettere in sicurezza Santa Giulia. E Grossi, l’uomo che chiama “Roberto” il presidente della Regione, può così proseguire tranquillo la sua corsa.

A queste vicende, non alle polveri sottili, pensava forse Formigoni sventolando il suo nuovo avviso di garanzia. E alla Lega, che assiste impassibile allo scandalo: se il presidente fosse coinvolto nelle indagini, si riaprirebbe la possibilità per Umberto Bossi di avere un candidato leghista alle elezioni regionali anche in Lombardia.

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