sabato 5 dicembre 2009

LE SCUSE PREVENTIVE

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 5 dicembre 2009

di Carlo Tecce
(Giornalista)


Scrive alla gentile signora Eva Cambra, un’improbabile lettrice. Vittorio Feltri, in versione marzulliana, prepara una (finta?) domanda per darsi una risposta. Reo confesso. Un pertugio sulla prima pagina de Il Giornale e un rettangolo all’interno (sbagliando il richiamo), in ritardo di due mesi dall’informativa patacca, mai potranno giustificare l’assalto mediatico a Dino Boffo, costretto a dimettersi dalla direzione di Avvenire per una presunta questione di condanne e molestie. Quelle poche righe, firmate forse con qualche preoccupazione da VF, sono una precauzione: Boffo potrebbe querelare e chiedere risarcimenti, l’esposto all’Ordine dei giornalisti potrebbe persino provocare la radiazione.

Le repliche fanno male. E quei due anni con la baionetta in spalla, spesi a cercare piste sconvolgenti su Antonio Di Pietro, nel 1997 calarono mestamente con un perdonateci, per favore: “Controbotto. Non c’è il tesoro di Di Pietro. Non ha proprio visto un soldo”. Fine del primo mandato a Il Giornale. Le scuse di Feltri a Boffo sono all’apparenza la notizia, il vero scoop – quello sì da titolone a nove colonne – sono le contraddizioni che strabordano comparando il Feltri frizzante d’agosto al Feltri conciliante di dicembre. Redenzione del 4 dicembre: “Il cosiddetto dibattito politico aveva lasciato il posto al gossip usato come arma […] Persino l’Avvenire, di solito pacato e riflessivo, cedette alla tentazione di lanciare un paio di petardi. Niente di eccezionale, per carità”. Altri toni il 29 agosto: “Boffo è il capofila dei moralisti impegnati a lanciare anatemi contro Berlusconi per le sue vicende private […]. Il dottor Savonarola aveva una relazione omosessuale. Il numero uno di Avvenire è un tipo che prima di parlare male di altri dovrebbe guardarsi allo specchio”. Oggi amici come prima. 4 dicembre: “Personalmente non mi sarei occupato di Boffo, giornalista prestigioso e apprezzato”. Arringa del 2 settembre: “Però il molestatore, per favore, la smetta di negare e di strillare che il Giornale si è costruito in casa un dossier bugiardo. Finora qui di bugiardo c’è solo lui. Il quale, se avesse ammesso subito la consistenza della notizia, avrebbe fatto cessare il polverone nel giro di 24 ore”. Ammissione del 4 dicembre: “Forse sarebbe rimasta piccina (la vicenda, ndr) se Boffo, nel mezzo delle polemiche (facile a dirsi, adesso), invece di secretare il fascicolo, l’avesse reso pubblico, consentendo di verificare attraverso le carte che si trattava di una bagattella e non di uno scandalo”. Stoccata finale del 2 e 4 settembre: “Non si tratta del piacere perverso di ficcare il naso nel privato di un uomo di potere, quanto, piuttosto, di documentare il doppiopesismo di certa stampa. Missione compiuta. […] Ci premeva soltanto dimostrare che le sue prediche (di Boffo) erano in contrasto con il suo stile di vita privata. Il pulpito da cui provenivano non era idoneo”. Mutazione completa del 4 dicembre: “Boffo ha saputo aspettare tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione”. Un grazie per l’inazione di Boffo che – dicono fonti vicine al giornale dei vescovi – “mai e poi mai vorrebbe incassare i soldi di Feltri”. Boffo è all’estero, non si scompone, consegna una nota al sito di Avvenire: “Un pensiero alle persone e alle famiglie che sono state incautamente tirate in ballo, e l’auspicio che almeno in questa circostanza vengano lasciate in pace”. L’editoriale di Feltri sollecita l’orgoglio della Conferenza episcopale, del successore Marco Tarquinio (“Clamorosa e importante retromarcia”) e di chi, sin dall’inizio, aveva difeso il direttore. Il portavoce della Cei è poco misericordioso con Il Giornale: “L’articolo conferma il valore della persona del dottor Boffo che, ancora prima delle tardive ammissioni di Feltri, si è volontariamente fatto da parte – conclude monsignor Domenico Pompili – per non coinvolgere la Chiesa, sempre servita con intelligenza e passione”. Il messaggio del cardinale Bagnasco, preparato per un convegno sull’etica dell’informazione, è intonato alla cronaca di giornata: “Anche nella realtà dei media si avverte l’importanza e l’urgenza di padri e maestri che con la loro testimonianza professionale, umana e cristiana, sappiano indicare ai giovani la strada del servizio alla verità in alternativa a quella del protagonismo”. Feltri ascolta, poi rettifica: “Né scuse né lacrime”. Soltanto una preghiera che finisca qui.

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