giovedì 14 gennaio 2010

IL LABIRINTO DI SILVIO

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 14 gennaio 2010

di Antonella Mascali
(Giornalista)


I toni amorevoli sono durati giusto il periodo del santo Natale e siccome sotto l’albero Berlusconi non ha trovato la ventesima legge ad personam, ora i nervi sono saltati di nuovo. Ed è tornato ad attaccare i magistrati: “Sul piano giudiziario le aggressioni sono parificabili a quelle di piazza del Duomo, se non peggio”. Infatti. Già domani c’è un’udienza del processo Mills in cui è accusato di aver corrotto l’avvocato inglese e lunedì c’è il processo Mediaset in cui è imputato per frode fiscale e il 25 febbraio la Cassazione potrebbe confermare definitivamente che proprio Mills è un corrotto e quindi lui un corruttore e la campagna elettorale per le regionali si avvicina. Questi processi non s’hanno da fare neppure per un’udienza! - avrà urlato ai suoi consiglieri Alfano e Ghedini. Dunque che fare in attesa dell’approvazione del processo breve, che i processi li ammazza a cominciare dai suoi? Oppure almeno della legge sul legittimo impedimento, che deve valere anche se il premier inaugura un negozio di criceti, in attesa dell’immunità o parlamentare o per le alte cariche dello Stato? Un aiuto è arrivato da quei “giudici comunisti” della Corte costituzionale che si sono permessi di bocciare il lodo Alfano. Il 18 dicembre hanno stabilito che gli articoli del codice di procedura penale 517 e 516 sono incostituzionali – è la sentenza scritta da Giuseppe Frigo – nelle parti in cui non consentono all’imputato la scelta del rito abbreviato in fase dibattimentale, anche se il pm ha modificato il capo d’imputazione durante il processo, per un fatto già conosciuto al momento della richiesta di rinvio a giudizio. E poiché è il caso dei processi Mediaset e Mills, Alfano e Ghedini hanno pensato: facciamo un decreto legge che obblighi i giudici a sospendere i processi per 90 giorni, in attesa che gli imputati decidano se chiedere l’abbreviato. Se il colpaccio fosse riuscito, già domani Berlusconi si sarebbe tolto dalla scatole i dibattimenti, in attesa della legge ammazza processi. Senza il decreto, invece, si può accedere al rito abbreviato ma senza la lunga pausa di riflessione sospendi-processi a cui aspirava il premier, memore magari di quando il suo amico Cesare Previti, al processo Sme, il 30 giugno del 2003 , usò la legge sul “patteggiamento allargato” e ottenne una pausa fino al 29 settembre.

DALLA MAFIA ALLE SPA: UNA TAGLIOLA
Il disegno di legge “processo breve” per Berlusconi è la legge regina perché decreterà la morte immediata dei processi Mills e Mediaset e di altre decine di miglia di processi. Secondo il testo in discussione al Senato, i processi, per tutti i reati, devono concludersi in tempi stabiliti. Per i reati la cui pena è inferiore ai 10 anni, il processo di primo grado è estinto dopo 3 anni dalla richiesta di rinvio a giudizio. In appello il tetto è di 2 anni e in Cassazione 1 anno e mezzo. Per i reati la cui pena è di 10 o più anni, i processi muoiono dopo 4 anni, in primo grado, 2 anni e 1 anno e mezzo se sono in Appello o in Cassazione. Per processi di mafia o terrorismo i termini diventano rispettivamente di 5, 3 e 2 anni. Il giudice può prorogare i termini di un terzo. La legge non si applica ai processi in corso, ma per salvare Berlusconi c’è l’eccezione: verranno estinti i processi in primo grado per reati coperti dall’indulto, se non c’è stata sentenza a 2 anni dalla richiesta di rinvio a giudizio. Come per i processi Mills e Mediaset. La possono fare franca anche le società, dimezzati i tempi per perseguirle. Limiti anche per i processi della Corte dei Conti: si estingueranno in 3 anni per il primo grado, 2 anni, se il danno non supera i 300mila euro. Se i processi sono in corso, 5 anni.

QUEGLI IMPEGNI INSINDACABILI
Il prossimo 25 gennaio è prevista in Aula, alla Camera, la discussione della legge sul legittimo impedimento. È una legge-ponte, a tempo (18 mesi), in attesa di un lodo Alfano costituzionale, o di una legge sull’immunità parlamentare. La normativa prevede che sia sempre riconosciuto, fino a 6 mesi, al premier e ai ministri, il legittimo impedimento a presenziare a un processo per impegni “connessi con le funzioni di governo”. Un modo per consentire a Berlusconi di saltare le udienze ai processi Mills e Mediaset, senza che i giudici, come stabilisce la legge attuale, possano accertare se realmente ci sia un legittimo impedimento. In Aula l’Udc, che ha sottoscritto il testo insieme al Pdl, potrebbe astenersi o votare contro perché aveva chiesto in cambio il ritiro del processo breve. Quando in Commissione giustizia fu chiamato ad esprimere un parere Valerio Onida, il presidente emerito della Consulta disse: “Il legittimo impedimento è già previsto dal nostro codice, prevedere una norma che lo tipizzi sarebbe davvero inutile”. Quanto a una legge ponte, rispose: “Ritengo sia inammissibile. Non si può dire per legge che siccome io non riesco a fare una cosa intanto ne faccio un’altra a termine, in attesa di un’altra legge costituzionale che mi risolva il problema”.

GLI ONOREVOLI SI SENTONO “BLINDATI”
Al Senato è stato presentato un disegno di legge costituzionale dalla senatrice del Pd Chiaromonte e dal collega del Pdl Compagna, per reintrodurre in gran parte l'immunità parlamentare. Nel ’93, in piena mani pulite, fu riformato l’art. 68 della Costituzione e così ora i magistrati hanno bisogno dell’autorizzazione a procedere solo se devono emettere provvedimenti restrittivi per deputati o senatori. Secondo questo ddl, invece,“l’autorità giudiziaria quando, al termine delle indagini preliminari, ritenga di esercitare l’azione penale nei confronti di un membro del Parlamento, ne dà immediata comunicazione alla Camera di appartenenza, trasmettendo gli atti del procedimento”. Entro 90 giorni, nel corso dei quali il procedimento è sospeso, la Camera decide se sospendere il procedimento per la durata del mandato. In sostanza possono essere bloccati i processi per i parlamentari. Un’iniziativa bipartisan rimarca il Pdl, ma che tale non sarebbe, se ci si attiene alle dichiarazioni dei vertici del Pd, che hanno preso le distanze dalla Chiaromonte. Contemporaneamente

all’immunità, il Pdl, sta pensando nuovamente allo scudo processuale per le alte cariche dello Stato e questa volta ne avrebbero diritto non soltanto una, ma più volte, se passano da un’alta carica all’altra.

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