sabato 16 gennaio 2010

VACCINO, CHE GRANDE IMBROGLIO

Dal Quotidiano Il Fatto Quotidiano
del 17 gennaio 2010

di Oliviero Beha
(Giornalista)


Cronaca di un pasticcio annunciato: non c’era bisogno di parafrasare García Márquez per prevedere come sarebbe andata a finire. E non la storia dei vaccini anti-suina, dell’influenza A, del virus H1N1, illustrata su queste colonne già a fine ottobre, ripetutamente qui richiamata e oggi oggetto di discussione a base di dosi, cifre, impellenze (fasulle) varie. No. Sui vaccini si può comunque sostenere (anche se sempre più a fatica…) che non si potesse rischiare, che in ogni caso la salute viene prima di tutto e senza prezzo, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva (pur in modo assai sospetto…) dichiarato la pandemia grave, ecc. ecc. Qui si parla piuttosto del contratto tra la multinazionale Novartis – che lo festeggia in Borsa – e il governo italiano. Qui si parla dei nostri soldi, impegnati in un accordo merceologico che non ha nulla di logico, di “umano”, di negozialmente sensato per nessuno . Intendo dire che nessuno con un briciolo di logica (onestà?) in nessuna parte del mondo avrebbe/ha firmato questo contratto oggi pubblico. La Corte dei Conti sembra solo ora avviata a contestare il suo stesso operato precedente, dal momento che un “decreto direttoriale” del nostro massimo organo giudiziario contabile ha vistato questo contratto “in segretezza” alla fine di agosto in deroga eccezionale per questioni di urgenza e di allarme, neanche si trattasse di misure istantanee anti-terrorismo. Non torna nulla, né un contratto blindato, esoso e con clausole esclusivamente a favore della Novartis a livelli impresentabili, né la “segretezza” a questo punto sospettissima di cui sopra, né la differenza con i contratti per esempio della Francia, con numeri e clausole assai più accettabili per lo Stato francese, né la dipendenza dall’Oms che per inciso vanta oggi una bella storia di corruzione per uno scandalo scoppiato in Olanda (circa il suo principale consigliere nella materia, il prof. Albert Osterhaus), e perfino neppure lo stato di famiglia del ministro contraente, Sacconi, la cui consorte è direttrice generale di Farmindustria. Che cosa dunque ha obbligato il ministero a un contratto in “questi” termini? Siamo un paese a sovranità limitata anche in questo campo così delicato? Non è forse questo il vero “contratto contro gli italiani” inteso (senza Vespa) a tutto tondo, letteralmente e metaforicamente?

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