del 17 dicembre 2009
di Enrico Fierro
(Giornalista)
“Herr” Antonio Pelle, classe 1955, ha preso carta e penna e ha scritto la sua biografia. Nato a San Luca, un libro per raccontare la sua storia di calabrese emigrato in Germania, uomo che si è fatto da sé partendo da quel pugno di case ai piedi dell’Aspromonte. San Luca, il suo paese, capitale della ‘ndrangheta più ricca e potente. Ha avuto buona stampa, il signor Pelle, ottime prefazioni al libro, in Italia edito da Koiné, e le autorità che nei mesi scorsi lo hanno presentato in Calabria gli hanno riservato parole di affetto e riconoscenza. Per don Pino Strangio, il parroco del paese aspro-montano che considera “la ‘ndrangheta uno stato di vita, un’opzione fondamentale dell’uomo” il libro “rappresenta un atto di ribellione contro i luoghi comuni”.
Ferragosto del 2007, Duisburg, nel parcheggio del ristorante Da Bruno, la ‘ndrangheta di San Luca regola i suoi conti: sei morti per una guerra iniziata agli albori degli anni Novanta. I tedeschi si svegliano e finalmente capiscono che la mafia non è solo un problema italiano. Cosche di ’ndrangheta hanno le loro basi a Duisburg, Erfurt, Francoforte, Monaco, Essen, Dresda. “Le singole famiglie mafiose”, si legge in un recentissimo rapporto del Bundeskriminalamt (due volumi, uno dedicato alla situazione complessiva delle cosche calabresi in Germania, l’altro, il più corposo, alle sole ‘ndrine di San Luca), “sono titolari di circa 50 ristoranti, varie imprese, diverse abitazioni e un hotel in Germania”. Si tratta – stando al rapporto – del “Landhaus Milser” di Duisburg, di proprietà di Antonio Pelle, l’autore del libro, e del campione di pesi tedesco Rolf Milser. “Sebbene nessuno dei due disponesse di mezzi finanziari, sono riusciti con 19 milioni di marchi a far costruire l’hotel in una zona protetta da severe norme ambientali (cosiddetto “territorio fluviale protetto”). Tuttavia dalle successive indagini del Lka di Dusseldorf non sono emersi fatti riconducibili ad attività di riciclaggio”.
Gli 007 tedeschi hanno scandagliato le parentele di Pelle e i suoi rapporti con le “famiglie” di San Luca arrivando alla conclusione che “Pelle appartiene per parentela al clan Romeo, alias Staccu”, si tratta di una delle ‘ndrine impegnate nella lunga guerra di mafia tra i Nirta Strangio e i Pelle-Vottari. “L’hotel – scrivono gli investigatori – offre eccellenti possibilità per nascondervi esponenti dei clan ricercati in campo internazionale e per riciclare denaro con le rate di credito”. La polizia tedesca ha inoltre il fondato sospetto che nel 1998 Antonio Romeo, detto Tonino l'avvocato, un boss di San Luca ricercato, vivesse la sua latitanza nelle lussuose suite dell'albergo. “Ciò costituisce ulteriore prova del fatto che l’hotel è attribuibile alla famiglia Romeo, alias Staccu”. Indagini, sospetti, per il lussuoso “Landhaus Milser”, quartiergenerale della Nazionale di calcio italiana durante i Mondiali del 2006, nonostante il ministero dell’Interno italiano, scrivono i tedeschi, “fosse stato informato delle vicende riguardanti l’hotel”. Nella primavera del 2002, invece, le autorità della Germania riuscirono a convincere l’allora cancelliere Schroeder a non fermarsi nell’albergo per una manifestazione musicale, “dopo che erano state acquisite informazioni più dettagliate”.
Sono 200 per la polizia tedesca gli uomini del clan di San Luca regolarmente emigrati in Germania, “ai quali si aggiungono le persone che soggiornano nel paese senza aver denunciato la propria residenza”. Uomini e donne che coltivano e riproducono le stesse regole che governano le famiglie di ‘ndrangheta nei paesi dell'Aspromonte. Sono in gran parte giovani e incensurati, gestiscono alberghi e ristoranti dai nomi che evocano l’Italia (La Gioconda, Paganini, Rossini), cercano di crearsi uno spazio nella società tedesca. “Il locale Il Mulino – si legge nel rapporto a proposito di un ristorante della catena mafiosa – è ufficialmente sponsor di un progetto di educazione stradale per i bambini, attraverso il quale dispone di ottimi contatti con la polizia”. Il ristorante Monet alla Domplatz 32 di Erfurt, che per gli 007 tedeschi fa capo alla famiglia Giorgi, è un locale di lusso e ha annesso un night, il Sinatra. Il 16 marzo del 2005 il quotidiano Allgemein Zeitung, pubblica una pagina intera sulla festa di inaugurazione. Bella gente, ingresso riservato a pochi eletti. “E’ evidente – è scritto nel rapporto della polizia criminale – che l’influenza del sodalizio arriva fino alle alte sfere”.
Gran mediatore fra le istituzioni e gli interessi della mafia calabrese in Germania è Spartaco Pitanti. Si tratta di un toscano ritenuto affiliato al clan Romeo (Staccu), già condannato a Duisburg per ricettazione, attivissimo nel mondo della ristorazione di lusso. “Un personaggio influente non soltanto negli ambienti tipicamente italiani”, scrivono gli investigatori tedeschi che ricordano come i politici del posto frequentassero abitualmente i ristoranti della ‘ndrangheta. Nel 1996, nel corso di una perquisizione al ristorante “Paganini” furono trovati il presidente del consiglio Vogel e il ministro dell’Interno Dewes dello Stato regionale della Turingia. Uomo dai mille traffici, Pitanti girava con un tesserino dell’Interpol, struttura con la quale aveva una fitta collaborazione, tanto che nel 1994 partecipò all’Assemblea generale che si tenne a Roma. “Volevo informarmi sulle più recenti metodologie di lotta al narcotraffico”, dichiarò agli increduli poliziotti tedeschi che lo considerano “responsabile degli investimenti dei proventi del traffico di droga”. Clan potenti che hanno colonizzato la Germania stabilendo anche rapporti con le famiglie di camorra. Pasquale Serio, soprannominato Marcello, è uno dei referenti della famiglia Nirta-Giorgi nell’area di Lipsia. Per gli investigatori tedeschi avrebbe riciclato 10 milioni di dollari acquistando una miniera in Mongolia con la società Central Asia Mining, insieme a Pasquale Scotti, ex colonnello cutoliano, latitante dal 1985. Nel 2001 Scotti avrebbe raggiunto la Mongolia con un volo via Berlino-Mosca. I tedeschi, che erano sulle tracce del boss, passarono a setaccio l’affollata lista di italiani che in quel periodo avevano prenotato un volo per la Mongolia. “Ma non è stato possibile effettuare verifiche più approfondite in Mongolia, visto che improvvisamente tutta la documentazione sui visti era scomparsa”.
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