giovedì 14 gennaio 2010

Maniaci: la trattativa Mafia-Stato continua

Dal Sito Agoravox
del 14 gennaio 2010

di Laura Meloni
(Giornalista)


Arresti di boss, nuovi omicidi, trattativa Mafia - Stato e stragi. Su questo e altro abbiamo cercato di chiarirci le idee con quello che è uno dei giornalisti italiani più detestato dai mafiosi e non solo.



Pino Maniaci ha rilevato l’emittente Telejato nel 1999. Fondata nel 1989 da Alberto Lo Iacono, Telejato ha sede a Partinico e si è caratterizzata negli anni per la sue aperte denunce nei confronti di Cosa Nostra, in un territorio storicamente impregnato dalla presenza mafiosa, territorio che comprende paesi come Alcamo, Castellamare del Golfo, San Giuseppe Jato, Cinisi, Corleone e Montelepre, il bacino di comuni compresi tra Palermo e Trapani.
A Telejato si trattano temi come la cattiva amministrazione pubblica, l’ambiente, l’economia, la politica e le speculazioni.
Pino Maniaci è stato oggetto di querela infinite volte, ha subito minacce, è stata incendiata un’auto dell’emittente ed è stato vittima di un feroce pestaggio da parte di esponenti di famiglie coinvolte in inchieste di mafia. Oltre a doversi scontrare quotidianamente con la criminalità organizzata ha dovuto subire due processi per esercizio abusivo della professione giornalistica da cui è stato assolto. Già, Pino Maniaci non ha mai fatto richiesta di iscrizione nell’albo dei giornalisti.
Ma Giacomo Barbarino, giudice del tribunale di Partinico ha assolto "Maniaci Giuseppe dal reato di esercizio abusivo della professione giornalistica perché il fatto non sussiste". E dalle motivazioni della sentenza si evince che Pino Maniaci sta "in prima linea nel diffondere la cultura della legalità e dello Stato, in una regione come la Sicilia densamente mafiosa ed impregnata di sotto cultura mafiosa". E così Maniaci è stato scagionato grazie a una sentenza del 23 marzo 1968 della Corte Costituzionele "che chiariva che l’appartenenza all’Ordine dei giornalisti non è condizione necessaria per svolgere l’attività giornalistica".
Dati gli arresti in questi mesi di importanti boss latitanti, data l’uscita di nuovi pezzi di verbali degli interrogatori di Massimo Ciancimino, dato il nuovo omicidio nel corleonese, lo abbiamo intervistato per darci delle delucidazioni sullo stato di salute della mafia in questo periodo.
In questi mesi abbiamo visto arresti di importanti latitanti come Vitale, Raccuglia, Nicchi. Come sta la Mafia oggi?
Intanto abbiamo ancora un latitante d’eccezione che si chiama Matteo Messina Denaro, l’ultimo rimasto, che però è come Highlander, è l’ultimo esponente di spicco rimasto, è del trapanese e naturalmente è oggetto della caccia delle forze dell’ordine. Ma non è che con l’arresto di Nicchi, Raccuglia ed altri possiamo dire che la mafia è debellata, perché hanno una capacità di ripresa e di riproduzione che è terrificante, per cui la mafia continua ad esserci anche se è decapitata ai vertici, con difficoltà ovviamente di potersi riorganizzare, ma la loro presenza è sempre viva. Già uno degli ultimi episodi è l’uccisione del corleonese due giorni fa, un imprenditore a cui addirittura hanno sparato al volto.
Proprio questo omicidio, vede vittima l’imprenditore Niccolò Romeo, fratello di quel Pietro Romeo fatto sparire nel ’97 col metodo della lupara bianca e secondo Brusca fatto uccidere proprio da Raccuglia. Come vede questo omicidio, avvenuto proprio dopo la cattura di Raccuglia?
In tanti dicono che potrebbe essere un segnale mandato da Raccuglia dal carcere, ci sono tante letture di quest’omicidio, ma il fatto eclatante è che si torna a sparare nel corleonese, nella patria dei boss dove per anni non è successo mai nulla e non deve succedere nulla, perché ricordiamo che a Corleone ci sono le famiglie dei boss. C’era la famiglia di Binnu Provenzano, la moglie e i figli, la famiglia di Totò Riina, per cui in queste zone non si dovrebbe sparare né tanto meno dovrebbe succedere niente. Un messaggio è che si sono rotti degli equilibri, proprio perché mancano i capi e ci sono i rampolli che tentano di far capire che cercano di prenderne il posto.
Pensa sia possibile il ritorno a qualche nuova guerra di mafia?
Certo che è possibilissimo. Una volta che manca chi comanda, può succedere. Diciamo che in questo momento è possibile che si sia scatenato quello che io ho definito tempo fa l’Election Day, le elezioni, chi deve succedere cioè a capi carismatici come Riina, come Binnu Provenzano, per cui c’è la caccia ad eliminare quelli che possono essere i cespugli per cercare di eleggere il nuovo capo.
L’altro ieri sono stati presentati al processo Mori 23 verbali degli interrogatori di Massimo Ciancimino. Cosa ne pensa della trattativa Mafia – Stato e di tutto quello che sta venendo fuori dal figlio dell’ex sindaco di Palermo. Perché Ciancimino fa così paura?
Perché, come anche ha dichiarato lui ai nostri microfoni, non è un pentito, non è un dichiarante, è uno che vuole aiutare la giustizia, perciò se gli si fanno le domande lui risponde per quello che sa. E ne sa tante di cose, visto che proprio ieri ha dichiarato che Totò Cuffaro e Renato Schifani erano gli autisti rispettivamente, uno del ministro Mannino e l’altro di La Loggia (non Enrico ma Giuseppe, politico della Dc ex presidente della regione, n.d.r). Sono dichiarazioni dirompenti. La trattativa tra la mafia e lo Stato, con coinvolti pezzi dei servizi segreti, uomini delle istituzioni, è quel lato oscuro della mafia su cui si sta cercando di far luce, e Ciancimino potrebbe essere determinante, lui e anche Gioacchino Genchi, informatico che ha notizie su quelli che sono i tabulati telefonici e intercettazioni che c’erano tra esponenti politici e mafiosi. Si potrebbe aprire una pagina di chiarezza sui rapporti tra la mafia, la politica e l’imprenditoria. D’altronde lo abbiamo detto sempre che c’è questo cordone ombelicale che tiene in vita la mafia, che le dà una mano quando questa è in difficoltà. L’abbiamo visto di recente con la legge sulla vendita dei beni confiscati alla mafia o la legge sullo scudo fiscale. Quindi il papello, la trattativa, continua.
Pensa che Ciancimino verrà ascoltato al processo Dell’Utri? Se sì, che scenario si immagina?
Io già so per certo che il procuratore Ingroia ha già trasmesso gli atti con gli interrogatori di Ciancimino che verrà riascoltato proprio oggi in procura. Perciò diciamo che sarà sicuramente a discrezione del giudice sentirlo o meno ma comunque gli interrogatori andranno al processo Dell’Utri.
Ieri è stato ritirato il decreto blocca-processi. Secondo lei perché questa retromarcia?
Perché è ormai si parla solamente di leggi ad personam e non di leggi che servono a sveltire la giustizia. Più che altri il blocca-processi o il processo breve e altri sono stati fatti per non far processare il capo de Governo, semplicemente per questo. Ovviamente l’opposizione, anche lo stesso Fini, che è l’unico che fa qualcosa di sinistra, ha lanciato l’allarme dicendo che in sostanza ci stiamo giocando quella che è la democrazia visto che il Governo sta andando avanti a forza di decreti legge oppure nel Parlamento a colpi di fiducia.
Una decina di giorni fa il giudice Sebastiano Ardita ha ricevuto una lettera di minacce contenente un proiettile calibro 9. Cosa pensa di quest’altra sfida alle istituzioni?
Si vogliono intimidire i giudici. Del resto continua anche a dirlo il Premier che i giudici minano il potere politico, che ci sono toghe rosse e quant’altro. Per quanto riguarda questi attacchi, la magistratura deve essere dirompente per quello che è il loro dovere. E’ un modo per cercare di fermarli, di impedire di fare inchieste, perché il segnale, per esempio, delle bombe in Calabria è grave.
Ha qualche buona notizia da darci?
Notizie buone dalle nostre parti non è che ce ne siano tante. Una notizia buona potrebbe essere quella che se la magistratura va avanti, e se vengono ascoltate quelle che sono le dichiarazioni di Ciancimino, Genchi o altri io credo che oggi si potrebbe fare luce su una storia inquietante, che è quella della stragi, e finalmente buona parte di questa politica potrebbe andare a casa.

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